Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

PURCHÉ SIA VERA ACCOGLIENZ­A

Nella Puglia dei nuovi schiavi

- Di Alessio Viola

La cosa peggiore che possa accadere ai sogni è che diventino realtà. Il sogno di una vita migliore - anzi di una vita e basta - di migliaia di migranti si trasforma in incubo appena mettono piede a terra. Sono scappati da una vita miserabile, fatta di dolore, schiavismo, lavori pagati tre dollari al giorno, case di cartone, malattie, mancanza di assistenza. E si ritrovano a vivere nel paradiso dei loro sogni, l’Italia. Dove vivono in baracche di cartone, si spaccano la schiena sotto il sole a tre euro al giorno, non hanno ospedali, assistenza, servizi. Peggio di un incubo può esserci solo una beffa. È questo il terreno della discussion­e sul fenomeno epocale delle migrazioni dal sud del mondo verso il nord ricco e benestante, la terra dei diritti e del rispetto dell’uomo. A questi dannati della terra nemmeno le briciole del nostro benessere, nessun diritto che non sia quello di essere parte consistent­e del capitale delle grandi aziende di mafia che a tutto sovrintend­ono. Sono loro a dirigere le migrazioni attraverso i deserti, le mafie libiche. Poi passano in consegna la “merce” umana a quelle italiane, che ne prendono la gestione attraverso la rete fittissima di organizzaz­ioni dal volto legale, vedi Mafia capitale, oltre a quelle classiche dei clan.

Le vite di queste persone non cambiano, peggiorano. Ammassati in campi orrendi del degrado, merci avariate da sostituire periodicam­ente con merce fresca. Le campagne del Foggiano o quelle del Brindisino, come le altre di Campania, Calabria e Sicilia, raccontano di santuari del dolore e della vergogna per tutti noi. Le immagini che tanti giornalist­i ci mostrano sono raccapricc­ianti, e sono girate qui dietro casa, dietro i nostri quartieri eleganti, accanto ai villaggi turistici ed ai resort di lusso. Non si può nemmeno dire che vengano trattati come animali, ché gli animalisti almeno sanno difendere i loro protetti. È la faccia orribile dell’accoglienz­a, quella della memoria che scompare dopo l’attracco, di chi si sente in pace con la coscienza per averli accolti. Occorrereb­bero meno soldi di quelli che servono per innaffiare il prato dello stadio di Bari per allestire questi villaggi con i container, per dire. Garantireb­bero condizioni minime di vivere umano a quelle persone che abbiamo accolto con una gioia che si ferma alle banchine dei porti. I sindaci che mostrano il petto alle telecamere, dicendosi pronti a violare ogni divieto pur di accogliere, non fanno nulla perché vengano eliminate le vergogne dei ghetti.

Ma no, questo è lavoro oscuro, non rende come immagine quanto i proclami. Amministra­tori di ben altra tempra seppero affrontare l’emergenza albanesi, e la capacità di inserire questi immigrati nella vita sociale diede risultati che oggi sono una realtà. Ma resta irrisolto e colpevolme­nte ignorato il macigno mafie: sono loro a gestire il “dopo” sbarchi in ogni aspetto. Lo Stato e le amministra­zioni fanno da palo. Quanto costa un migrante a comprarlo sul mercato degli schiavi? Nulla. Quanto rende alle mafie che se ne prendono “cura”? il 100% dei profitti possibili. L’emergenza è questa. L’accoglienz­a è un dovere sacro, diremmo. Ma l’abbandono dopo l’accoglienz­a è un crimine orribile. Non sono il mare e le navi il problema, ma la terra promessa. E negata.

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