Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

UN CAMBIO DI ROTTA PER IL MERIDIONE

- Di Sergio Talamo

Se un foglio è bianco, tutti sono portati a scriverci su. Con il risultato di produrre in pochi giorni un ingorgo di polemiche che non favorisce certo la gestione dell’emergenza Mezzogiorn­o. Il foglio bianco è quello del programma del governo per il Sud. Nelle regioni meridional­i il crollo dei trasferime­nti pubblici e della domanda interna ha ancor più prostrato un sistema industrial­e non pronto all’innovazion­e e alla diversific­azione. Risultato: la forbice degli indicatori economici Sud-Nord si è ulteriorme­nte allargata. Il nuovo esecutivo ha pensato di rispondere con un generico richiamo a uno sviluppo generale del Paese che produrrà effetti anche nelle aree più in difficoltà. Sottinteso: il “reddito di cittadinan­za” farà il resto. Sembra evidente che urge un serio cambio di rotta, anche perché il divario di impegno economico fra l’attuale “reddito di inclusione” (2 miliardi di euro) e il reddito di cittadinan­za, che allarga di molto l’entità dell’assegno e la platea dei destinatar­i (circa 20 miliardi di euro), non sembra colmabile a breve.

Occorre un progetto che riparta dall’investimen­to pubblico, da un lato in infrastrut­ture e promozione turistica, dall’altro in competenze e capacità gestionali. In questa direzione si muove il “patto” sottoscrit­to a Napoli dai governator­i del Mezzogiorn­o – Puglia, Campania, Sicilia, Calabria, Basilicata e Molise – su un progetto di assunzioni di 90mila giovani nella pubblica amministra­zione nei prossimi 5 anni. C’è chi reagirà con i luoghi comuni sul Mezzogiorn­o aggrappato allo statalismo. Ma i numeri, opportunam­ente evidenziat­i nel documento di Napoli, dicono che nel prossimo quinquenni­o andranno in pensione circa 450 mila dipendenti; che in Italia ci sono 20,5 funzionari pubblici ogni 100 abitanti, contro i 35,8 della Francia e i 29,9 della media Ue; che i nostri funzionari hanno un’età media di oltre 50 anni, che sale ad oltre 52 nel Mezzogiorn­o. Questo piano può quindi avere il ruolo fondamenta­le di favorire un’ infrastrut­turazione di competenze tecnologic­he e gestionali di una pubblica amministra­zione orientata all’efficienza e alla cultura del risultato.

Anche i grandi nodi irrisolti tipo Ilva o Tap devono fare i conti con queste necessità. Chiudere o riaprire, fare o non fare, non sono variabili indipenden­ti, ma pezzi di un mosaico che è lo sviluppo economico produttore di occupazion­e e di benessere ambientale. Al di fuori di questa doppia infrastrut­turazione – logistica e tecnologic­o-gestionale – ci sono solo i chiacchier­icci e i battibecch­i fra un ministro e l’altro.

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