Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
UN CAMBIO DI ROTTA PER IL MERIDIONE
Se un foglio è bianco, tutti sono portati a scriverci su. Con il risultato di produrre in pochi giorni un ingorgo di polemiche che non favorisce certo la gestione dell’emergenza Mezzogiorno. Il foglio bianco è quello del programma del governo per il Sud. Nelle regioni meridionali il crollo dei trasferimenti pubblici e della domanda interna ha ancor più prostrato un sistema industriale non pronto all’innovazione e alla diversificazione. Risultato: la forbice degli indicatori economici Sud-Nord si è ulteriormente allargata. Il nuovo esecutivo ha pensato di rispondere con un generico richiamo a uno sviluppo generale del Paese che produrrà effetti anche nelle aree più in difficoltà. Sottinteso: il “reddito di cittadinanza” farà il resto. Sembra evidente che urge un serio cambio di rotta, anche perché il divario di impegno economico fra l’attuale “reddito di inclusione” (2 miliardi di euro) e il reddito di cittadinanza, che allarga di molto l’entità dell’assegno e la platea dei destinatari (circa 20 miliardi di euro), non sembra colmabile a breve.
Occorre un progetto che riparta dall’investimento pubblico, da un lato in infrastrutture e promozione turistica, dall’altro in competenze e capacità gestionali. In questa direzione si muove il “patto” sottoscritto a Napoli dai governatori del Mezzogiorno – Puglia, Campania, Sicilia, Calabria, Basilicata e Molise – su un progetto di assunzioni di 90mila giovani nella pubblica amministrazione nei prossimi 5 anni. C’è chi reagirà con i luoghi comuni sul Mezzogiorno aggrappato allo statalismo. Ma i numeri, opportunamente evidenziati nel documento di Napoli, dicono che nel prossimo quinquennio andranno in pensione circa 450 mila dipendenti; che in Italia ci sono 20,5 funzionari pubblici ogni 100 abitanti, contro i 35,8 della Francia e i 29,9 della media Ue; che i nostri funzionari hanno un’età media di oltre 50 anni, che sale ad oltre 52 nel Mezzogiorno. Questo piano può quindi avere il ruolo fondamentale di favorire un’ infrastrutturazione di competenze tecnologiche e gestionali di una pubblica amministrazione orientata all’efficienza e alla cultura del risultato.
Anche i grandi nodi irrisolti tipo Ilva o Tap devono fare i conti con queste necessità. Chiudere o riaprire, fare o non fare, non sono variabili indipendenti, ma pezzi di un mosaico che è lo sviluppo economico produttore di occupazione e di benessere ambientale. Al di fuori di questa doppia infrastrutturazione – logistica e tecnologico-gestionale – ci sono solo i chiacchiericci e i battibecchi fra un ministro e l’altro.