Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

LA CITTÀ TRADITA DAL PALLONE

Scelte e gestioni sbagliate

- Di Gianni Spinelli

Una nave in gran tempesta. È il caso di scomodare una figura retorica per definire la situazione del Bari, squadra di calcio vessata dalla nascita per un destino crudele. Un racconto a volte commedia. A volte tragedia, anche se il Pallone per fortuna è solo un gioco.

Squadra-ascensore, mai con una cammino normale e stabile in serie A, pur avendo un’utenza notevole. Niente. Presidenti senza soldi, un massimo dirigente gentiluomo come il prof. De Palo, capace di fare l’inchino pure al massaggiat­ore, la dinastia dei fratelli Matarrese, annunciate misteriose cessioni a imprendito­ri russi ovvero a un personaggi­o alla comico-da-quattro-soldi come Tim Burton. Il Bari non ha badato mai a spese, non si è fatto mancare niente. Semmai può solo invidiare al Taranto un tipo come Luigi Pignatelli che, prima delle partite, faceva il giro del campo issando una statuetta di sant’Antonio, a scopo propiziato­rio.

Lasciamo stare l’Alto. A Bari, si solo limitati a intestare a San Nicola lo stadio di Renzo Piano. Prova di maturità, senza dubbio. Quella maturità che servirebbe per regalare alla città un club con un piano aziendale, una programmaz­ione saggia, che guardi lontano, partendo dai fondamenta­li, ossia dal risanament­o del bilancio. Chimere: il Bari ha copiato la... lungimiran­za dei politici nazionali che hanno fatto a gara per aumentare il debito pubblico.

Anno 2018, mese di giugno, giorno più giorno meno, l’attuale socio di maggioranz­a Cosimo Giancaspro ha chiesto altro tempo per completare l’aumento di capitale, mentre il socio di minoranza (0, 63 per cento), Gianluca Paparesta, annuncia guerra. Non facciamo cifre: la realtà è che il Bari rischia di tutto, anche il fallimento. I soldi non ci sono: si cercherà di cancellare le cifre in rosso con la vendita di giocatori e con le plusvalenz­e. O con altro. Rassicurar­e i tifosi? La città merita rispetto? Giancaspro è stato perentorio: «Io merito rispetto». E chi si permette di sostenere il contrario... L’analisi da fare è semplice: le ultime gestioni sono state mediocri. Annunci urlati di promozione, viavai di giocatori e di tecnici. Errori su errori, stipendi non pagati e cosette simili. Governare una società di calcio oggi (vedi il Milan dei cinesi) è difficile e chi prende impegni ha il dovere di pensarci prima, di guardare le carte, di usare la calcolatri­ce, di avere collaborat­ori avveduti. Sono regole elementari che società come l’Atalanta fanno proprie da anni. Frequentar­e corsi di aggiorname­nto e studiare, please.

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