Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Salvini, la migrante e il buonismo «che non risolve nulla»
Su un canale inesistente, assisto a uno strano talk show. In studio ci sono il ministro Salvini, il vocabolario Treccani e Rashida, una migrante dell’Aquarius. Comincia Salvini, che spara subito la sua cartuccia: «È finita la pacchia, cara signora!». Applausi scroscianti. Il vocabolario Treccani, da parte sua, puntualizza: «Si definisce “pacchia” una condizione di vita o di lavoro facile e spensierata, particolarmente conveniente, senza fatiche o problemi, senza preoccupazioni materiali». Ora tocca a Rashida. Che tace, tra il mormorio del pubblico. Poi si fa coraggio e comincia. «Volevano costringere le mie bambine di 4 e 6 anni alla mutilazione genitale. Per questo le ho portate via con me. Ho lasciato la Sierra Leone, la mia casa, la mia famiglia. Ho attraversato a piedi la Guinea, il Burkina Faso, il Mali… Sono stata in mare, senza nulla, con due figlie piccole per giorni. Quando pensavo che fosse finita, mi hanno detto che non potevamo attraccare. E abbiamo passato tanto altro tempo in mare, sballottati da onde enormi». Salvini guarda altrove. Rashida riprende: «Se abbandonare tutto per impedire l’infibulazione delle tue figlie vuol dire “vivere una vita facile e spensierata”, se attraversare a piedi il deserto vuol dire “campare senza fatiche o problemi”, se stare settimane in mare tra le onde vuol dire “non avere preoccupazioni”, se tutto questo, dunque, significa “pacchia”, allora sì, signor ministro, spero davvero che finisca presto». Salvini per sbaglio incrocia gli occhi della migrante. E per un attimo pensa che ha un figlio anche lui; e pensa a cos’avrebbe fatto al posto di Rashida. E avverte uno strano, fastidioso, sconosciuto calore: l’umanità. Ma mentre sta per cedere, guarda lo smartphone, legge un paio di commenti alla sua diretta Facebook, e ribatte: «Mi dispiace per la sua situazione, ma col buonismo non si risolve nulla». Ovazione. Pubblicità.