Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Il difficile rapporto tra genitori e figli
Influenzato dai mass media, alla base c’è una psicopedagogia che esclude ogni tipo di frustrazione e punizione all'interno della famiglia
ono sempre più soli, malati e in condizioni economiche a volte disperate. Che cosa succede agli anziani nel terzo millennio? «Alla base c’è un distacco epocale tra genitori e figli - spiega il professor Giovanni D’attoma (nella foto sotto), neuropsichiatra e psicoterapeuta - che si sintetizza molto bene con il detto popolare secondo il quale una mamma riesce a sostenere dieci figli, ma dieci figli non riescono a sostenere una mamma». Nell’arco di cinquant’anni, il quadro è completamente cambiato. Oggi l’abbandono degli anziani è molto diffuso, mentre prima i nonni erano al centro delle attenzioni dei figli e solo raramente si assisteva alla “reclusione” in un gerontocomio di anziani che non si erano mai sposati o di genitori senza figli e, solo raramente, di genitori emarginati dai figli. Quanto ha contribuito la psicologia e la pedagogia di quest’ultimo mezzo secolo a favorire comportamenti educativi che eliminassero le frustrazioni e ogni forma di punizione nei confronti dei figli? «Questo è sicuramente un aspetto non irrilevante nel favorire un diverso rapporto tra genitori e figli - risponde il professor D’attoma - anche perché in contrasto con l’antica saggezza del genitore pugliese, che riconosceva alla gratificazione un rapporto equilibrato con la frustrazione». Ma questo basta a spiegare il distacco generazionale attuale?
«Alle nuove intuizioni psicopedagogiche - riprende l’esperto - che escludono ogni genere di frustrazione in ambito scolastico e nella famiglia, si è aggiunta l’invasione dei mass media e in particolare della televisione e dei giochi elettronici, all’interno della famiglia, proponendo stili di vita e modelli alternativi alle tradizionali agenzie educative, assumendo un peso nella definizione dei ruoli e nelle aspirazioni dei figli e dei genitori, influenzando notevolmente l’autonomia della famiglia». Ciò che era negato e discutibile all’interno della famiglia, comincia, quindi, ad essere vissuto come una proposta accettabile e condivisa. «I genitori non possono assolvere al loro ruolo se, uniformandosi ai nuovi concetti della moderna psicologia, dovranno essere gli amici dei loro figli e subire tutti i loro ricatti, perché questi ultimi si sentono affettivamente frustrati, se non hanno la play station o la merendina o il giocattolo pubblicizzati in televisione e largamente utilizzati dai loro coetanei». L’ambiente esterno diventa così, in questi anni, sempre più importante e decisivo, rispetto alle tradizionali agenzie educative (scuola, famiglia, comunità), assumendo un peso nella definizione dei ruoli, nella costituzione dei desideri e delle aspirazioni delle persone e capace di influenzare la morfologia e l’autonomia della famiglia.
«Si pensi alla televisione - osserva il professor D’attoma e, in particolar a trasmissioni come “Amici” oppure il “Grande fratello”, che propongono modelli alternativi e un nuovo conformismo che possono confliggere con la scuola e la famiglia». Ma è ancora possibile educare all’anticonformismo, a valori diversi da quelli proposti dai mass media, in primis la televisione? «Spesso la famiglia, più che contrapporsi si adegua - dice il professore - assecondando ogni capriccio per timore che i propri figli, se non assecondati nelle loro richieste, si sentano diversi dagli altri e vengano per questo emarginati, esclusi dai gruppi sociali». Già negli anni Settanta, il professor D’attoma scriveva, in una sua pubblicazione scientifica, che “la famiglia oggi è isolata e schiacciata tra l’adeguamento a modelli culturali “esterni” e pericoli di isolamento. Una monade in una dimensione sempre meno incline alla solidarietà, allo scambio e alla comunicazione con altre famiglie (soprattutto nelle grandi città)». Ne fanno le spese, in questo quadro, i figli che sempre più si trovano davanti genitori poco disponibili, indaffarati, ansiosi, problematici, o al contrario iperprotettivi (che è il modo in cui viene convertita l’ansia, quindi una specie di rovescio della medaglia), eterni “ragazzini”, che tendono al rapporto “amicale” e a un’eccessiva apertura, tolleranza, e assenza di regole da trasmettere.
Il genitore si trova nella condizione di dire sempre (o quasi) di sì per evitare conflitti, scontri, rotture che è sempre meno in grado di gestire, e perchè per costruire e crescere reciprocamente da un conflitto o da uno scontro di valori, occorre discutere, spiegare, capire. «Occorre tempo per l’ascolto - osserva il professor D’attoma - per il ragionamento e per lasciare sedimentare le emozioni... quel tempo che, come si diceva, è oggi merce rara». L’assenza dei genitori, come in un circolo vizioso mette il ragazzo in una situazione di mancanza di punti di riferimento e lo pone ad attivare una ricerca all’esterno della famiglia: amici, gruppo e una svalutazione del ruolo genitoriale. «In questo quadro la famiglia è destinata a perdere progressivamente autorevolezza - conclude lo specialista - a meno che non sappia ritrovare al suo interno la dimensione valoriale, capace di fermare questa corsa continua al non si sa bene cosa, che è divenuta un abitudinario e stereotipato modo di vivere».
I genitori non possono assolvere al loro ruolo se diventano amici dei loro figli, subendone i ricatti
L’ambiente esterno ha preso sempre più il posto della scuola, la famiglia, la comunità