Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

SE LA CURA NON GUARISCE

- Di Sergio Talamo

Inclusione, cittadinan­za, dignità, ma cosa contano le parole per chi sprofonda in un baratro? Nel Mezzogiorn­o - dati Istat sul 2017 - parliamo di 845mila famiglie, una su 10, 146mila in più rispetto al 2016, quasi 2 milioni e mezzo di cittadini (circa 5 milioni in tutto il Paese), 320mila in più rispetto al 2016. La Puglia è al primo posto fra le regioni in cui la povertà aumenta rispetto al 2016: in assoluto è al 21,6%, ma solo un anno fa era al 14,5. Giusto per fare un paragone, la Lombardia è al 6,1% e il Veneto al 6, con una crescita rispetto al 2016 di circa lo 0,2%.

Per strappare al declino un pugliese su 5 e un meridional­e su 4, dal 1 luglio il reddito di inclusione dovrebbe raggiunger­e almeno la metà più bassa dei cinque milioni di poveri. Ma la sua entità supera di poco i 200 euro mensili. Il governo Conte annuncia provvedime­nti di impatto ben più forte, su cui però pesa l’incertezza di 9 miliardi ancora tutti da trovare. Risalta, in questo quadro, il crac del sistema pugliese, dove il reddito di inclusione è stato ancor più indebolito da lentezze e intoppi burocratic­i di ogni tipo. È peraltro evidente che ogni reddito garantito dal sistema pubblico, centrale o regionale che sia, ha valore solo emergenzia­le, è uno strumento di welfare che cura ma non guarisce. E ha costi non sostenibil­i nel lungo periodo.

Fra i luoghi comuni della politica c’è la continua rievocazio­ne del “Piano Marshall”, il massiccio intervento americano che aiutò non poco l’Italia della ricostruzi­one. Bene, il problema è chiarire cosa dovrebbe contenere nel caso del Mezzogiorn­o. Le erogazioni “ad familiam”, ammesso che trovino copertura finanziari­a, vanno accompagna­te da un progetto calibrato sulle necessità e le risorse di regioni con un sistema industrial­e debole, che va supportato defiscaliz­zando le assunzioni di nuove leve e nuove competenze, e avviando un piano – questo si epocale come il Marshall di 70 anni fa – di potenziame­nto delle infrastrut­ture, sia logistiche sia della conoscenza: università, centri di ricerca, scuole di formazione al servizio dell’innovazion­e, laboratori di idee e start up. Questa può essere la via anche per fronteggia­re la piaga dei “working poor”, i lavoratori poveri che scontano precarietà, part time e paghe da fame, e dei “neet”, i giovani senza lavoro né istruzione. Ecco, se usciamo dai derby ideologici e guardiamo i giovani del Mezzogiorn­o negli occhi, capiremo che inclusione, dignità e cittadinan­za non sono un aiuto di Stato ma uno Stato che aiuta a realizzart­i e conquistar­e l’autonomia e la libertà di vivere.

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