Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Rotte e scanner, ecco come Bari ha detto basta al contrabbando
Il traffico illecito di sigarette in netto calo. Lo studio presentato in un forum in redazione al Corriere
Un giusto mix tra attività di investigazione, controlli e incrocio dei dati. Tutto con l’uso di una tecnologia tra le più avanzate in Italia. Risultato? Il contrabbando di sigarette a Bari, negli ultimi anni, è fortemente calato. Tenendosi a livelli lontani da altre città del Sud come Napoli e Palermo. È questo il succo dello studio commissionato dalla multinazionale British American Tobacco e presentato in anteprima in un forum tenutosi presso la redazione del Corriere del Mezzogiorno. All’incontro hanno preso parte il vice sindaco Pierluigi Introna, il comandante della Guardia di finanza Nicola Altiero, il presidente dell’Autorità portuale Ugo Patroni Griffi, il procuratore della Dda Renato Nitti e il direttore dell’Ufficio dogane Gaetano Capodiferro.
È finito il tempo dei blindati che negli anni Novanta sfrecciavano per le vie della Puglia. Mezzi (con dotazioni di difesa paramilitari) che scortavano tonnellate di sigarette trasportate sui tratti costieri. Ma il grande business delle bionde va tenuto sempre sotto controllo. Anche quando l’azione di contrasto ai traffici illeciti di sigarette sembra aver trovato un giusto mix tra attività di investigazione, controllo e incrocio dei dati. È questo, in sintesi, il quadro che emerge dallo studio Il contrabbando di sigarette nella città di Bari — curato dalla start up Intellegit e commissionato da British American Tobacco Italia — che ha riunito nella sede del Corriere del Mezzogiorno i principali attori della filiera del controllo. «Abbiamo incrociato dati pubblici e privati sul settore — ha spiegato il professor Andrea Di Nicola, presidente di Intellegit — scoprendo che il contrabbando è un fenomeno a macchia di leopardo. E in questo senso Bari mostra dati sempre in calo nonostante la pressione storica che ha dovuto sostenere il territorio nei decenni scorsi. Tuttavia, permangono criticità di piccoli punti vendita, dalle abitazioni alle bancarelle, dai circoli agli ambulanti, localizzati soprattutto nelle aree del porto e nei quartieri con un maggior disagio sociale».
L’analisi parte dagli andamenti cosiddetti del consumo di sigarette non domestiche (ovvero quelle provenienti da un Paese diverso da quello in cui sono consumate) che rivelano l’esistenza di prodotti estranei al circuito dei rivenditori nazionali. Apre la classifica Napoli (con quasi un pacchetto su quattro) seguito da Trieste (14,3%) e Salerno (13,6%). Bari è in zona sicurezza alla 23esima posizione con l’1,3% delle sigarette non domestiche rintracciate. Un altro indicatore utile per tracciare la provenienza del tabacco è quello delle illicit whites (sigarette prodotte lecitamente ma vendute in un Paese la cui normativa non lo consente): il picco si ha a Palermo con quasi il 70% del totale non domestiche, mentre per Bari (che è alla 20esima posizione) la percentuale è di poco superiore all’8%.
«Se penso al fenomeno del contrabbando — ha ricordato Pierluigi Introna, vicesindaco di Bari — devo ammettere che la visione quasi “romantica” degli anni
Settanta ha portato a elaborare un concetto sbagliato.
Ricordo che nel periodo caldo degli sbarchi si arrivava a chiedere ai ragazzini di dare una mano a scaricare i pacchi di sigarette per 50 mila lire: è stato un messaggio pericoloso che ha prodotto un business malato». «Sono stati anni difficili — ha aggiunto Nicola Altiero, comandante generale della provincia di Bari della Guardia di Finanza — in cui dovevamo contrastare i traffici illeciti avendo un deficit di mezzi a disposizione. I contrabbandieri avevano l’obbligo di non abbandonare il carico; sfruttavano i fuoristrada modificati con traversine d’acciaio e rostri, vetri antiproiettile e pneumatici con gel anti-foro. Ma lo Stato ha saputo rispondere con efficacia. Ricordo l’operazione Primavera e il grande impegno di tutte le istituzioni. Le strategie utilizzate? Anche nel contrasto al contrabbando si agisce con il concetto di filiera. C’è la presenza di più attori che si connettono per ottimizzare i controlli. Ovviamente, interrotti i viaggi degli scafisti, le rotte si sono concentrate sulle movimentaziogior ni dei container merci nei porti. Tali attività hanno consentito di sequestrare in 18 mesi 30 tonnellate di sigarette».
D’altronde su Bari si registra un aumento delle merci «bloccate» come conseguenza anche dell’inattività del porto di Taranto nel segmento traffico merci (dopo l’addio di della compagnia Evergreen allo scalo ionico). «Nel porto — ha illustrato Gaetano Capodiferro, direttore dell’ufficio delle Dogane di Bari — c’è un numero sempre più elevato di container e camion in transito. Questo implica un mag- controllo sulle merci adottando le nuove tecnologie. A Bari siamo dotati di versioni evolute di scanner dei tir che consentono, in maniera rapida, di individuare anomalie nei carichi. Ciò vale per tutti i campi dell’illecito come il traffico di droga o di capi contraffatti. Stiamo lavorando anche per implementare anche i sistemi di controllo nel porto di Brindisi».
Il tema delle verifiche è strettamente legato con quello delle indagini sui traffici internazionali. Le grandi organizzazioni criminali spediscono le sigarette in Italia utilizzando gli hub portuali e sfruttando anche le procedure burocratiche che molto spesso rispondono a una quadratura cartacea. Quindi se Bari non è una piazza di consumo (come evidenziato dallo studio) non è detto che non lo sia per il transito. «I flussi di contrabbando — ha sostenuto Renato Nitti, procuratore della repubblica della Dda di Bari — sono localizzati quasi esclusivamente nei porti con peculiarità che cambiano a seconda della congiuntura storica. I temi attuali sono legati al tipo di controlli che l’Albania, prossima a entrare nell’Ue, sarà in grado di attivare e alle debolezze registrate in Grecia. Poi ci sono le questioni dell’intensità delle verifiche e delle conseguenze che possono prodursi sui movimenti di traffico fra porti concorrenti. Dobbiamo essere chiari: oltre il 97% delle merci non viene controllato materialmente. Il porto è come un’autostrada e di volta in volta si deve sapere quale veicolo fermare. Così emerge il nodo centrale: la sicurezza sarà garantita se sapremo attivare validi sistemi di risk analysis in grado di incrociare sempre più dati utili. Il controllo deve essere mirato». «Voglio essere chiaro — ha concluso Ugo Patroni Griffi, presidente dell’Autorità portuale — a Bari la sicurezza è garantita con alti standard di qualità. Da qui la merce illecita non passa perché abbiamo attivato protocolli d’intesa con tutti i soggetti che rispondono alla filiera del controllo. Anche in campo agroalimentare. Purtroppo, ci sono soggetti che scommettono sulle fake news e che fa danni all’economia locale. Per questo abbiamo denunciato gli autori alla magistratura». Il riferimento è al blitz che lo scorso anno ha bloccato grano dal Canada (dissequestrato dopo otto giorni). Il risultato? Le imprese portuali del grano hanno accusato un calo del giro d’affari del 45% con rischi per l’occupazione. I traffici semplicemente si sono spostati in altri porti.
Le verifiche funzionano grazie al concetto di filiera
La città ha risposto ma in passato è stata dura
I nostri porti sono sicuri: controlli rigorosi
Sostenere validi sistemi di risk analysis
Con gli scanner sappiamo dove intervenire