Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
UN TRIONFALISMO INGIUSTIFICATO
Il Pd e gli umori postumi al voto
Una settimana dopo i ballottaggi, per alcuni settori del Pd la Puglia sarebbe un’eccezione, per il voto che ottenuto dal partito sul territorio rispetto al tracollo nazionale. E se i baluardi “rossi” della Toscana sono caduti dopo più di 70 anni di governo continuo, anche a freddo sembrerebbe lecito il compiacimento di Michele Emiliano e Marco Lacarra. Per giunta, si è detto che nella nostra regione vi sia stato un certo rinnovo generazionale nelle liste dei dem, accanto al reticolo di riconoscimento fra quote della popolazione e nuovi rappresentati. Può essere vero; ciò non toglie che oggi nel ventre profondo del Pd di Puglia si preferisca vedere quello che piace, e non l’intero contesto regionale, dove la povertà in un anno cresce – scrivono le statistiche – del 7% e supera il 21%, peggior risultato del Mezzogiorno, dopo la Sicilia. Se poi si crede di vincere grazie a candidati più in vista, allora si va indietro nel tempo, quando i partiti si giovavano dei cosiddetti notabili, persone di rilievo civile, ma sempre altro da un’organizzazione che diriga il conflitto con alleanze sociali finalizzate allo sviluppo. Bisogna inoltre considerare che al ballottaggio ormai partecipa metà degli aventi diritto, per cui chi vince, in realtà ha ottenuto solo il 51-52% del già magro 50%. E se il voto appare “liquido”, in realtà la causa è la perdita di partecipazione, e quindi di riconoscimento nei partiti.
Il vero problema resta la mancanza di una proposta politica per il Mezzogiorno e per la Puglia, sia nel centrodestra, dove oggi si curano le ferite, sia nel centrosinistra, dove si è giocato di trasformismo, salvo a sperare ora il ritorno dell’ “Ulivo”, intesa fra forze tutte separate e esaurite. E se il Pd nazionale ha pagato il vizio del leaderismo senza proposta, quello nostrano si affida a una tattica eterna, un’insistita manovra di ginnastica istituzionale; altra cosa dallo sviluppo. Ora la partita ricomincia da due requisiti indispensabili, anche per chi ha guadagnato questa tornata: da un lato va recuperato il linguaggio della grande proposta, del progetto che tocca tutti i ceti, e non solo quelli degli organigrammi di potere. Dall’altro lato proprio il Pd deve aprirsi all’opinione esterna, cioè alla gente che vive nel bisogno e a quella che può dare un contributo di intelligenza politica. Non è una ricetta, ma l’ultima spiaggia prima che vinca l’idea dell’indifferenza assoluta fra destra e sinistra, idea sospesa fra un neoliberalismo e uno smarrito qualunquismo.