Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Per le fake news sul grano al porto affari in ginocchio
Il caso Traffico crollato del 60%. Patroni Griffi va in Procura
Ugo Patroni Griffi, presidente dell’Autorità portuale, ricorre alla Procura per chiedere i danni. Motivo? Il crollo della movimentazione di grano nel porto di Bari dopo che, un anno fa, una nave arrivata dal Canada venne bloccata una settimana per la presunta tossicità del grano imbarcato. Una notizia, seguita dalle proteste dei produttori, che non fu confermata dalle analisi. Il grano era buono. Nel frattempo però il porto di Bari, ritenuto «rischioso» da chi lo commercia, ha visto crollare il traffico di grano del 60%.
Surreale poi, la spiegazione di Matteo Salvini, nell’intervista a Libero: «Certi ministri sono senza computer». Il governo, comunque, piace. Il suo gradimento è alto, pur avendo finora prodotto poco: il decreto per bloccare l’attività del tribunale di Bari, dopo che le immagini della tendopoli giudiziaria hanno fatto il giro del mondo, che ha provocato pero la protesta di avvocati e magistrati perche l’esercizio della giustizia non può subire interruzioni. E poco altro. Poi una serie di annunci. Al premier pugliese Giuseppe Conte gliene hanno dette di tutti i colori: re travicello, mero esecutore, passacarte, leader-fantasma. Ma lui va per la sua strada: l’avvocato del popolo non si cura degli avvocati di parte. Appare ancora troppo ingessato, come è sembrato nei vertici internazionali accanto a Trump e Merkel, come uno scolaretto dinanzi a professori con un curriculum al di sopra di ogni sospetto. Poi, se la Merkel brinda con lo spumante non si può fare un cin cin con un succo di frutta. Ne va della gaudente tradizione nazionale. E lo spumante non è un marchio del made in Italy? Lui e Macron hanno dato una lettura opposta dell’accordo sui migranti del vertice di Bruxelles. Ma era notte. Ha tempo, se i diarchi glielo lasceranno, di calarsi di piu nel ruolo. E in questo gli può essere d’aiuto la solennità istituzionale del presidente Sergio Mattarella.
Il primo attore è Matteo Salvini. Catalizza l’opinione pubblica, che, ora, gli perdona tutto. Anche gli eccessi verbali («è finita la pacchia», i «croceristi») quando parla dei migranti. Il giovane Di Maio è in fase di apprendistato. Si e preso la rogna di gestire le tematiche economiche. Poi si sta rendendo conto che i soldi non ci sono, che rischia di pagare dazio e che, nella famigerata stanza del potere, i bottoni non ci sono. Lo aveva scoperto prima Nenni. E il Sud? La ministra Lezzi, altra pugliese, per ora sta centellinando le parole. Fa bene. Meglio informarsi, studiare, farsi consigliare. Dell’Ilva si occupa direttamente Di Maio. Sul gasdotto Tap ha tirato in ballo gli accordi internazionali da rispettare facendo imbufalire gli ambientalisti locali. Deve cercare poi di non farsi togliere le prerogative in materia di autonomia delle Regioni e fondi europei. Disse che l’aumento del Pil era dovuto al caldo per la vendita di condizionatori. Su questo ha litigato con la giornalista conduttrice negli studi televisivi de La 7. Siparietto da non ripetere. Il Sud è nelle sue mani. Il caldo, secondo la ministra, ha trainato il Pil del governo Gentiloni. Ora la speranza è che sul Mezzogiorno, con il nuovo corso, non scenda il grande freddo.