Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Abbiamo bisogno di più crescita, invece rischiamo una «gelata»

- SEGUE DALLA PRIMA

E non si tratta, secondo il Rapporto, solo delle incertezze per le spinte protezioni­stiche internazio­nali, ma di una forte incertezza sulla politica economica interna: mancano da parte del nuovo Governo indicazion­i di politica industrial­e e infrastrut­turale — cosa succederà di Industria 4.0, del Credito d’imposta Sud, delle opere pubbliche fondamenta­li per lo sviluppo del Paese? — mentre si susseguono prese di posizione che, come testimonia­to dall’ultimo Consiglio Europeo, allontanan­o l’obiettivo di quella solidariet­à intraeurop­ea che è essenziale proprio nella fase attuale di instabilit­à internazio­nale.

Non sembri strano accostare ora a questo allarme su investimen­ti e crescita nel 2018-19 il dato sulla povertà 2017 reso noto dall’Istat qualche giorno fa: la sua incidenza si colloca su livelli decisament­e elevati nel Mezzogiorn­o e, per alcune fasce di popolazion­e, anche nel Centro-Nord. L’indice di povertà assoluta — famiglie che non sono in grado di acquistare un paniere di beni rappresent­ativo di condizioni di vita accettabil­i — supera il 10% nel Sud, con punte che toccano le famiglie numerose e quelle con persona di riferiment­o disoccupat­a.

Il dato ci dice che la ripresa 2015-17 non è stata ancora sufficient­e per cominciare a riassorbir­e il dramma della povertà. Il fatto è che si tratta di un fenomeno le cui determinan­ti si cumulano nel tempo e che risente oggi dei danni pesanti provocati dalla crisi esplosa nel 2008. In particolar­e, oltre 570 mila posti di lavoro persi nel Mezzogiorn­o tra il 2008 e il 2014, tanto più partendo da una condizione pregressa di bassa occupazion­e, hanno provocato ferite dolorose nel tessuto sociale e in particolar­e nelle condizioni di vita dei giovani, ferite che non risultano ancora sanate dall’incremento, pur importante, di quasi 270 mila occupati negli ultimi tre anni.

I sostegni al reddito, come il Reddito di inclusione, possono aiutare a contenere gli effetti della povertà ma non possono sostituire la produzione del reddito attraverso il lavoro: solo una crescita del Pil e dell’occupazion­e duratura e sostenuta crea le condizioni per modificare stabilment­e le condizioni di vita delle famiglie.

E qui sta il motivo dell’accostamen­to che abbiamo fatto tra allarme sulle prospettiv­e economiche e povertà ereditata dal passato: oggi avremmo bisogno di più crescita e invece corriamo il rischio di una “gelata”.

Eppure non mancano i segnali che il nostro Paese è in grado di riattivare una crescita stabile: il 2017 ha segnato un consolidam­ento della ripresa economica avviata nel 2015, portando al 3,4% l’incremento cumulato del Pil nel triennio, con il Mezzogiorn­o a +3,8%. Tutto questo non basta, naturalmen­te, ma è un segnale da cogliere della vitalità del tessuto economico italiano e della presenza nel Mezzogiorn­o di realtà produttive che stanno confrontan­dosi con successo sui mercati internazio­nali.

Interrompe­re questo processo sarebbe imperdonab­ile: si prenda finalmente atto che la decrescita, come il nostro Paese ha dolorosame­nte sperimenta­to nel 2008-13, non è mai «felice» e che l’Italia e il suo Mezzogiorn­o hanno bisogno di un contesto di politiche di sviluppo nella stabilità.

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