Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Le Pop pugliesi non scaldano gli investitori
La Pop di Bari vende 56 mila azioni e la Pugliese 37 mila La Puglia e Basilicata solo 235 in sette mesi
Le tre grandi banche popolari della Puglia che figurano nel mercato secondario HiMtf non convincono ancora gli investitori. Due di loro (Popolare di Bari e Popolare Pugliese) hanno appena chiuso un anno di quotazione, mentre l’altra è alle prese con il settimo mese di scambi (Popolare di Puglia e Basilicata). I risultati? I dati confermano le difficoltà di far decollare la vitalità del mercato regolamentato secondario.
Il periodo difficile dei titoli bancari di Borsa Italiana (-18% nell’ultimo mese e mezzo e -12,2% in un anno) è indice di tensioni nel comparto del credito. E le tensioni non risparmiano le tre grandi banche popolari della Puglia che figurano nel mercato secondario Hi-Mtf. Due di loro (Popolare di Bari e Popolare Pugliese) hanno appena chiuso un anno di quotazione, mentre l’altra è alle prese con il settimo mese di scambi (Popolare di Puglia e Basilicata). I risultati? I dati confermano le difficoltà di far decollare la vitalità del mercato regolamentato secondario. Ovvero i volumi degli scambi, al di là di considerazioni di bilancio dei singoli istituti di credito, risultano essere alquanto limitati. Perché c’è molta offerta e poca richiesta.
La maggior parte della movimentazione realizzata è della Popolare di Bari che dal 30 giugno del 2017, data di prima quotazione, ha visto lo scambio di 56.417 azioni con un controvalore complessivo di 340 mila euro. Questo dopo il passaggio del prezzo singolo d’azione da 6,9 a 3,89 euro (quest’ultimo è il parametro per la prossima asta di luglio). Il flusso di ordini e disponibilità della Popolare Pugliese (con sede sociale a Matino) è di 37.057 azioni (pari a 136 mila euro) e un passaggio di valore da 4,34 a 2,46 euro. Differente il discorso per la Banca Popolare di Puglia e Basilicata che è entrata nel mercato Hi-Mtf il 29 dicembre scorso: in sette mesi sono passate di mano 235 azioni per 930 mila euro e il prezzo per singola unità è passato da 3,96 a 3,44 euro. Eppure, nell’Hi-Mtf (mercato per la negoziazione di strumenti finanziari i cui soci sono Iccrea Banca, Banca Aletti&C., Banca Sella Holding e Luigi Luzzatti Spa) sono entrate nuove banche come previsto dalla normativa di settore che ha spinto gli istituti di piccole dimensioni ad accedere, entro la fine del 2017, a un mercato regolamentato. E a dicembre scorso sono sbarcate nel listino (oltre alla Banca Popolare di Puglia e Basilicata), anche la Banca Agricola Popolare di Ragusa, la Banca Popolare del Lazio e la CariBolzano. In totale le banche quotate al mercato secondario sono diciotto.
«L’andamento della quotazione — spiega Antonio Salvi, preside di Economia dell’università Lum — riflette la generale disaffezione degli investitori dell’area banking. Tanto più se si tiene presente che le difficoltà aumentano in presenza di banche di piccole dimensioni e quindi più rischiose. In fondo, per come funziona il sistema non c’è da stupirsi se i valori diminuiscono. Anzi stupirebbe il contrario». Il ragionamento del preside di Economia va alle radici dell’operazione quotazione. «Il valore dei titoli — conclude Salvi — non sempre combacia con le aspettative della società che entra nel listino. Se questa decisione è imposta dal legislatore, non è detto che il mercato faccia salti di gioia. Ciò vale anche se lo scopo è liquidare gli azionisti. Ci deve essere una motivazione forte che spinge una qualsiasi società a entrare in un mercato. Anche perché nel caso specifico, quello delle popolari, vige ancora il criterio del voto capitario (ogni socio è titolare di un singolo voto indipendentemente dal numero delle azioni possedute ndr) che limita l’accesso dei potenziali grandi investitori».
Inoltre, c’è anche una questione di normative e di profili di comunicazione legati alla condizione di azionista. «Si tratta di titoli — spiega Francesco Moliterni, professore associato di diritto dell’economia all’Università di Bari — che per definizione sono di rischio. Ovvero l’azionista partecipa all’impresa bancaria. È un aspetto, quest’ultimo, che va affrontato con chiarezza e consapevolezza. Perché molto spesso, in entrambe le figure interessate (chi vende e chi investe) si trasferiscono le informazioni, ma poi vanno rece- pite per la loro reale portata».
In verità, qualche risposta positiva dal sistema del credito locale è atteso con la trasformazione della Popolare di Bari in società per azioni. La banca, guidata da Marco Jacobini, è pronta da tempo al cambiamento (l’assemblea straordinaria era stata fissata a dicembre del 2016), ma l’iter della riforma voluta dal governo Renzi era stato bloccato con un ricorso presentato dalla Popolare di Sondrio (la Consulta interpellata per questione di costituzionalità l’ha respinto). Così, il prossimo 18 ottobre il Consiglio di Stato dovrà riunirsi per riattivare l’attuazione della riforma, salvo modifiche del nuovo governo Conte. Nel frattempo anche i titoli bancari di Borsa Italia ieri hanno perso l’1,5%.
La cifra
Il prezzo virtuale per azione è sceso del 43% dall’asta iniziale