Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Negramaro, il tour dei record «Lecce, finalmente a casa»

Sei stadi, 155 mila spettatori totali: è senza limiti il successo dei Negramaro

- di Nicola Signorile

La band dei record è pronta a tornare a casa. Domani sarà lo stadio Via del Mare di Lecce ad accogliere i Negramaro nell’ultima fermata del «Amore Che Torni Tour Stadi 2018», un viaggio per l’Italia da 155 mila biglietti venduti che travolge con la loro energia sei stadi in un unico tour, primato che li fa entrare nel guinness della musica italiana. Dopo Lignano, Milano, Roma, Pescara e Messina, la Puglia riabbracci­a forte Giuliano Sangiorgi, a qualche settimana dall’annuncio che presto sarà padre e dopo l’adesione del gruppo all’appello antiSalvin­i della rivista Rolling Stone.

Sangiorgi, riesce a spiegare l’emozione di uno stadio pieno di gente lì per ascoltarvi?

«Prima di cominciare, facendo attenzione a non farmi vedere, cerco e alla fine trovo un punto sul palco da cui poter guardare la marea umana che si muoverà all’unisono con noi, per tutta la sera. La guardo di nascosto per entrare in contatto con ognuno dei presenti e per non perdermi nessun dettaglio, neppure il più minuscolo, di tutta quella infinita grandezza. Lo stesso farò stasera, prima dello show finale nella nostra Lecce, casa».

Non una data come le altre.

«A dirla tutta, già ieri sono stato a rimirar le stelle dagli spalti dello stadio».

Come avete lavorato a questo show che gioca con gli elementi naturali?

«Seguendo le traiettori­e delineate dal nostro ultimo album Amore che torni: ha deciso per noi la scaletta e gli spazi da disegnare, il mare da rac- contare, gli elementi di cui siamo fatti noi e di cui sono fatti i nostri sogni. Ogni dimensione porta con sé emozioni, dal posto più piccolo allo spazio sconfinato di uno stadio. Quello che rende indimentic­abile il live è la vita che esplode ovunque la musica riesca ancora ad aggregare le persone».

Sei date negli stadi in un tour, avreste mai pensato a un successo di questa portata?

«Il segreto per raggiunger­lo è non averlo mai tra gli obiettivi. Così è stato per noi. Ricordo il primo live a San Siro nel 2008: a fine concerto, ci siamo accorti che mai tra noi si era pensato o detto che un giorno saremmo arrivati a riempirlo o a suonarci dentro. Oggi finiamo un tour incredibil­e che resta un sogno ad occhi aperti. Continuare a sognare è il sogno più bello da fare».

Qual è il vostro immediato futuro?

«Amore che torni ha ancora tanto da raccontare; e mi piacerebbe pensare di conoscere mia figlia mentre sto facendo quello che amo fare da quando ero poco più grande di quanto sarà lei quando sarà venuta al mondo».

La Puglia resta il suo riferiment­o. Come la vede dal suo punto di osservazio­ne, tra appeal turistico e problemati­che sempre vive come Ilva, Xylella e disoccupaz­ione giovanile?

«Credo che vadano affrontate subito, ma come tematiche mondiali, non solo riferite al nostro territorio. Bisogna trovare soluzioni perché le persone non muoiano di malattie incurabili dovute a fabbriche obsolete e inadeguate e, al tempo stesso, per preservare la vita delle famiglie cui queste industrie hanno dato un posto di lavoro per anni. Salvare i nostri alberi che sono l’ossigeno di questo nostro posto, trattarli come persone che hanno storie da raccontare e ossigeno da regalare. Il nostro Sud è la risorsa culturale più grande che un paese possa avere: le nostre Università creano grandi menti e pensiero libero, la nostra coscienza sociale affonda le radici in una storia di accoglienz­a che può solo creare le basi solide di un posto migliore per tutti. Dalla nostra storia dobbiamo imparare: non possiamo diventare un popolo che chiude un mare e annega per mano sua un bimbo che annaspa tra le onde, chiedendo aiuto. Il mio mare è di chiunque lo attraversi. La mia terra è quella che un naufrago avvista, gridando felice “Terra!”, ossia “salvezza!”. Ecco, il mio Sud è “salvezza” per tutti».

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San SiroGiulia­no Sangiorgi sul palco di San Siro durante l’«Amore che torni» Tour

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