Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

EMILIANO, L’ILVA E I GIOCHI POLITICI

La lettera a Di Maio e l’Anac

- di Sergio Talamo

La mania di azzerare tutto, perché ora arrivo io. Questa è stata, dal 2012, la storia dell’Ilva e del suo povero ostaggio, cioè Taranto. Nel 2012 scoppiò l’inchiesta-scandalo che travolse tutto e tutti, protagonis­ti e comparse, chi scelse di non vedere per motivi politici e chi dal non vedere ci guadagnò veramente. Da allora sono trascorsi 6 inutili anni, fra sentenze, decreti ammazza-sentenze e sentenze ammazza-decreti.

La promessa di risanare gli impianti è rimasta tale, la gente ha continuato ad ammalarsi e gli operai a soffrire e morire. L’offerta di acquisto che il governo ha giudicato vincente, quella della cordata Am Investco, formata dal colosso dell’acciaio ArcelorMit­tal e dall’italiana Marcegagli­a, è rimasta sospesa come una delle tante nuvole che sovrastano i fumi delle ciminiere. Il nuovo governo ha iniziato nel segno dell’incertezza. In campagna elettorale il Movimento 5 Stelle vuole farla finita con l’Ilva ma, appena insediatos­i Conte il ministro Luigi Di Maio - nel frattempo non più convinto della chiusura - rimanda tutto a settembre. Am Investco non gli sembra avere le carte in regola. Tesi più che legittima, ma la strada scelta per smontare tutto è un’intesa con il governator­e Emiliano del tipo “tu mi scrivi e io giro la lettera a chi di dovere, così riapriamo i giochi”.

Nel cielo già grigio di Taranto esplode quindi la pesantissi­ma lettera del governator­e, gonfia di allusioni a pastette e torbide manovre che avrebbero favorito Am Investco ai danni del concorrent­e Acciaitali­a (gli indiani di Jindal, Cassa Depositi e Prestiti, Arvedi e Del Vecchio). Come nella tradizione inaugurata dal 2012, la politica cede con piacere il passo ad un organo giurisdizi­onale. In un lampo, il caso è nelle mani di Raffaele Cantone, presidente dell’Anac, Autorità nazionale anticorruz­ione, che apre un fascicolo.

Da notare che la lettera di Emiliano non è campata in aria. Non è ancora chiaro cosa accadde nel marzo 2017, quando il governo passò in poche ore da un’offerta all’altra, dopo accesi contrasti interni e senza dare spiegazion­i esaurienti su punti non di poco conto. Ciò che proprio non va è l’insistenza, per di più dopo oltre un anno dalla gara, sul terreno minato della criminaliz­zazione della tesi opposta - nel senso letterale di ipotizzare che abbia violato il codice penale. Se Emiliano aveva notizie di reato, avrebbe dovuto lui stesso andare dai magistrati. Se non ne ha, è responsabi­le di un gioco politico in cui invece di liberare Taranto dai veleni, si continua ad avvelenare l’aria. Al momento, il risultato tangibile è che a decidere chi guiderà l’Ilva sarà l’Anac.

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