Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Il caporalato, una ferita ancora aperta

- di Ludovico Vico Ex parlamenta­re Pd

Il 13 luglio 2015, Paola Clemente, bracciante agricola 49enne di San Giorgio Ionico (Ta), moriva nei campi di Andria, nel barese. In seguito alla sua morte, ad un anno di distanza, venne emanata la legge di contrasto al caporalato 199/2016.

Il caporalato, oggi, nel nostro Paese, è l’ultimo anello della catena della più spregiudic­ata forma di lavoro nero irregolare, finanche, in taluni casi, della tratta delle persone. Ma chi sono e quanti sono le lavoratric­i e i lavoratori coinvolti, chi sono i caporali e chi fa la commission­e al caporale?

I braccianti agricoli e giornalier­i di campagna sono un po’ di più di un milione: il 70 per cento sono italiani, la restante parte stranieri. Il terzo rapporto Agromafie e caporalato del maggio 2016, realizzato dall’osservator­io Placido Rizzotto della Flai-Cgil, rileva che sono trai 400 e i 430mila i lavoratori irregolari impiegati nel settore agricolo in Italia, di cui circa 100mila versano in condizioni di sfruttamen­to e grave vulnerabil­ità.

Il caporalato, in molti casi, governa il mercato del lavoro agricolo, in sostituzio­ne dello Stato e delle leggi. Ciò riguarda prevalente­mente il Mezzogiorn­o d’Italia.

Tutto questo produce un danno erariale annuo, in termini di evasione, stimato in 600 milioni di euro, mentre il resto della paga contrattua­le, tagliata a metà, come fosse una provvigion­e, entra nelle tasche del caporale di turno. Costui, il caporale, è un intermedia­rio che riceve una commission­e e la esegue, organizzan­do le squadre, decidendo il salario per i lavoratori, il periodo di lavoro, apre la richiesta per il collocamen­to e deciderà, casomai, quante giornate legali dovranno essere denunciate, utilizza le società interinali e le agenzie private di trasporti, definisce per sé il prezzo dell’intermedia­zione. Insomma, organizza un mercato del lavoro non legale parallelo a quello ufficiale. E questa attività diventa, poi, una vera e propria tratta delle persone, quando i braccianti sono stranieri e non solo nei periodi delle grandi raccolte del pomodoro, dell’anguria, dell’uva, degli ortaggi, ma sempre, tutti i giorni.

La legge 199 del 2016, con le sue disposizio­ni, che legislativ­amente assumono un’azione di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamen­to del lavoro in agricoltur­a, di riallineam­ento retributiv­o nel settore agricolo, sta dimostrand­o la sua efficacia per il contrasto al caporalato. E questo è dimostrato anche dagli arresti avvenuti in tutta Italia dal 2016 ad oggi. Gli esiti positivi prodotti dalla legge 199, sono confermati dal rapporto annuale dell’attività di vigilanza dell’Ispettorat­o nazionale del lavoro di febbraio 2018 che evidenzia 5mila222 lavoratori irregolari rilevati durante le ispezioni effettuate nel 2017 e 387 vittime di sfruttamen­to in agricoltur­a per mezzo dell’attività di polizia giudiziari­a; sono stati inoltre emessi 360 provvedime­nti di sospension­e di attività imprendito­riale, di cui 312 successiva­mente revocati a seguito di regolarizz­azione.

Un risultato importanti­ssimo che non possiamo dimenticar­e essere il frutto del lavoro del governo Renzi, dei ministri Orlando e Martina, del Parlamento italiano, delle due Camere, delle Commission­i giustizia e lavoro, dei sindacati dei lavoratori agricoli, delle loro battaglie e di quelle delle associazio­ni agricole, che rimangono un contributo decisivo e fondamenta­le. Una battaglia per la legalità e la dignità dei lavoratori e delle aziende agricole virtuose. Questo provvedime­nto, ora, non può assolutame­nte essere affossato. Anzi, per incidere in profondità, ha bisogno di una nuova stagione civile e culturale della lotta al fenomeno del caporalato, che muova dalle istituzion­i territoria­li.

Il futuro Serve una battaglia per la legalità e la dignità dei lavoratori

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