Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Biancorossi in salvo con quattro miracoli E forse non bastano
Ormai in città non si fa altro che ripeterlo: «Per salvare il Bari ci vorrebbe un miracolo». Non sono d’accordo. Ce ne vorrebbero almeno quattro. Il primo: la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Per anni si sono moltiplicati solo debiti, delusioni, calciatori scarsi, dimissioni, contestazioni e punti di penalizzazione. È giunta l’ora di moltiplicare alcuni generi di conforto: pani ma soprattutto pesci. Tonnellate di spigole, dentici e triglie da rivendere al mercato per racimolare quei tre milioni e spicci da destinare alla ricapitalizzazione. Secondo miracolo: la camminata sull’acqua, utile per il nuovo e per il vecchio socio al fine di passeggiare agevolmente su un bilancio che fa acqua da tutte le parti, e sul probabile mare di debiti che ne è all’origine. Destino peraltro bizzarro per una società perennemente in crisi di liquidità. Terzo miracolo: la trasformazione dell’acqua in vino. Miracolo assai adeguato per indirizzare a buon fine la trattativa con gli ipotetici futuri soci. Appena costoro avvicinano alla bocca la classica bottiglietta da riunione, tac, nel passaggio dal palato all’esofago, l’acqua si tramuta in primitivo di Manduria DOP a 14 gradi. Dopo il quinto sorso gli interlocutori cederebbero anche Mbappè in cambio di Iocolano. Quarto miracolo: la resurrezione dei morti. Miracolo da utilizzare in duplice modalità: 1) per ridare un po’ di brio ad alcuni giocatori (in special modo del reparto difensivo) le cui prestazioni nella scorsa stagione hanno spesso lasciato inevaso il dubbio di noi tifosi: «Sono vivi o li tiene in piedi solo il rigor mortis?»; 2) per riportare in vita alcuni vecchi presidenti del passato (tipo Angelo De Palo) che gestivano la squadra con pochi mezzi, ma con competenza e passione. Ma adesso basta recriminazioni. Facciamo tutti insieme l’unica cosa utile in questo momento. Una colletta? No, una preghiera.