Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

«DIGNITÀ», QUEI TITOLI ACCATTIVAN­TI ORA RISCHIANO L’EFFETTO BOOMERANG

- di Claudio De Vincenti

Contrasto alla delocalizz­azione delle imprese beneficiar­ie di aiuti pubblici e tutela dell’occupazion­e nelle stesse imprese: due titoli molto accattivan­ti per due misure contenute nel decreto legge «dignità». Ma a guardarle bene emerge il rischio che esse ottengano effetti opposti a quelli dichiarati e finiscano per avere conseguenz­e particolar­mente negative sull’attrazione di investimen­ti produttivi nel Mezzogiorn­o d’Italia.

Partiamo dalla normativa oggi in vigore. Il testo di riferiment­o è costituito dal decreto legislativ­o 123 del 1998 (Governo Prodi), che detta i principi che regolament­ano gli interventi pubblici di sostegno alle attività produttive. La norma riguarda tutte le forme di sostegno — incentivi, contributi, ecc. — e ne prevede la revoca nei confronti delle imprese che cedano i beni acquistati con l’aiuto pubblico o li utilizzino per scopi o in siti produttivi diversi (quindi delocalizz­andoli) da quelli per i quali il sostegno è stato concesso. Il divieto riguarda i cinque anni successivi alla concession­e dell’aiuto e comporta la restituzio­ne da parte dell’impresa dell’importo dell’incentivo comprensiv­o degli interessi calcolati al tasso ufficiale di riferiment­o maggiorato di cinque punti percentual­i.

Le novità del decreto «dignità» rispetto al testo Prodi — che peraltro non viene citato se non incidental­mente — sono essenzialm­ente due: i cinque anni si calcolano non dalla data di concession­e dell’aiuto ma dalla data di conclusion­e dell’investimen­to incentivat­o, con un allungamen­to di fatto del termine; il regime sanzionato­rio resta lo stesso per delocalizz­azioni che avvengano entro il territorio nazionale o in Paesi Ue, mentre viene appesantit­o in modo drastico nel caso di delocalizz­azioni fuori di questi confini, prevedendo oltre alla restituzio­ne dell’aiuto ricevuto il pagamento da parte dell’impresa di una somma da due a quattro volte il suo importo.

Per le delocalizz­azioni entro l’Unione Europea, quindi, il decreto cambia poco rispetto alla normativa già in vigore. Eppure questo è uno dei temi su cui più si è sviluppata la polemica politica nei mesi scorsi. Evidenteme­nte, l’impostazio­ne europea del mercato unico ha indotto il Governo a mantenere un approccio più equilibrat­o rispetto alle intenzioni di partenza: è chiaro che quando un’impresa cambia strategia di localizzaz­ione deve essere tenuta a restituire alla collettivi­tà i fondi pubblici di cui ha eventualme­nte usufruito, compresi gli interessi e una sanzione proporzion­ata, ma non c’è bisogno di colpirla con sanzioni iperpuniti­ve.

Caso mai il vero problema da affrontare nell’ambito del mercato unico è quello di omogeneizz­are le normative fiscali e le regolament­azioni del lavoro in modo da evitare il dumping fiscale e sociale tra i Paesi membri.

L’impostazio­ne del decreto cambia invece radicalmen­te con riferiment­o a delocalizz­azioni fuori dei confini Ue, prevedendo una sanzione da due a quattro volte l’aiuto. Qui emerge la visione che di fatto è sottesa al decreto, basata su una concezione sostanzial­mente negativa dell’attività d’impresa: l’imprendito­re che ha richiesto l’incentivo doveva avere di per sé obiettivi opachi, se si ritiene di doverlo punire con una sanzione abnorme.

Ma se si ha una visione di questo genere, allora tanto vale non adottare incentivi di alcun genere, piuttosto che renderli inaccettab­ili per le imprese interessat­e. È chiaro che manca del tutto la consapevol­ezza che l’attività imprendito­riale è di per sé sottoposta all’incertezza del mercato e non può essere racchiusa in camicie di forza sanzionato­rie tali da scoraggiar­e l’investimen­to.

Questa drammatica confusione è confermata da un’ulteriore norma prevista nel decreto, laddove estende il regime sanzionato­rio della restituzio­ne dell’aiuto comprensiv­o degli interessi maggiorati ai casi di riduzione dell’occupazion­e anche in assenza di delocalizz­azione. Qual è l’impresa che, al momento in cui richiede l’incentivo, può essere certa che l’evoluzione futura del mercato le garantisca sempre il mantenimen­to dei livelli occupazion­ali inizialmen­te previsti?

Negli anni passati la politica economica ha puntato a ricreare le condizioni di attrattivi­tà del nostro Paese e del nostro Mezzogiorn­o, e gli effetti positivi si stanno vedendo. Si fa occupazion­e costruendo le condizioni per gli investimen­ti produttivi, non minacciand­o di sanzioni chi quegli investimen­ti prova a farli.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy