Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
SENZA GARANZIE MA NON MAMMONI
La rinuncia alle offerte di lavoro
Non c’è da stupirsi se i giovani decidono anche di non andar via, di non accettare proposte di lavoro fuori dal nostro territorio. Mammoni? Mah, probabilmente no. È pensabile, invece, che si debba procedere ad un’analisi degli indicatori di attrazione giocati dagli altri posti.
Una volta, quando a far le valigie erano i nostri padri, che partirono per il Nord per fare i ferrovieri o gli operai, vi era una cultura sedimentata della emigrazione. Loro, come decine di migliaia di altri giovani meridionali, ricevevano garanzie formali ed informali. Le formali: un lavoro nello Stato o in segmenti del privato lunghi, destinati a crescere ancora per molto; una presenza sindacale ufficiale, che riusciva perfino a cercare casa per gli emigrati; un lavoro che riusciva a far salire nella scala sociale. Le informali: un riconoscimento sociale forte da parte dei settori produttivi e di quelli politico-sindacali; una rete meridionale dentro la quale collocarsi per trovare casa, cambiare lavoro, trovare moglie, sbrigare pratiche. Il mix di questi aspetti ha favorito e tutelato la migrazione Sud-Nord, anche quando si era diretti in Europa settentrionale, in Canada o negli Usa.
I giovani di oggi sono privi di queste attrazioni tutelanti: il posto fisso è un sogno in Italia come altrove, e anche all’estero il grosso dei nostri giovani non fa carriere manageriali, ma deve accontentarsi di restare nei bassifondi della classe media; il sindacato è debole dappertutto e non svolge certo una funzione di aggregazione dei lavoratori stranieri; in Italia spesso chi parte è considerato un traditore, perché la cultura del lavoro è stata progressivamente sostituita dal culto del nazionalismo produttivo, quasi che un giovane debba accettare di fare il bracciante per due lire, per esempio, perché lo impone una morale autarchica; non esistono reti sociali dentro le quali i giovani possano inserirsi, salvo quelle iperspecialistiche degli studi postuniversitari. Il provincialismo italiano fa pensare che tutti i giovani che vanno via siano dentro queste reti, quando si tratta di una minoranza (quella dei ricercatori, per esempio) sparuta, di eccellenza, che può girare il mondo alla pari dei calciatori. Allora, se alcuni non accettano lavori fuori, è perché non è gratificante per tutti una vita isolata, in luoghi dove il clima culturale non è favorevole (perché anche gli italiani subiscono razzismo in giro per il mondo), in situazioni dove non è più garantita la mobilità sociale verso l’alto. Date queste condizioni, ogni scelta è perfetta. Quella di lasciare un limbo come quella di occuparne un altro fuori Puglia.