Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Bufera Ilva, Puglia sotto choc

Il futuro del Siderurgic­o Dopo le bordate di Di Maio sulle procedure per la cessione dell’azienda La Regione rimane ottimista: obiettivo ridurre gli esuberi e potenziare le bonifiche

- Di Francesco Strippoli

Puglia sotto choc dopo la lettera con cui Anac contesta la procedura di assegnazio­ne di Ilva alla cordata AmInvestco (guidata da Arcelor Mittal) e dopo le critiche in parlamento espresse dal ministro Di Maio. «Quella procedura è stata un pasticcio - ha detto - ed è stata sfavorita la cordata con l’offerta migliore». Ossia Acciaitali­a. Non è detto però che la vendita ad Am salti. L’azienda pronta a nuove offerte. Taranto aspetta tra scetticism­o e paura.

Le prime ore dopo lo choc sono cariche di attesa. La domanda che rimbomba nella testa di tutti è scontata: cosa succede ora? Cosa ne sarà dell’Ilva dopo che l’Anac ha messo in evidenza varie «criticità» nella procedura di assegnazio­ne del complesso industrial­e ad Arcelor Mittal? Cosa succederà dopo che il vice premier Luigi Di Maio, titolare del dossier, ha definito quella procedura «un pasticcio» che «ha leso il principio della concorrenz­a» e impedito che si affermasse «la migliore offerta», ossia quella avanzata dalla cordata concorrent­e Acciaitali­a, guidata da Jindal?

La Regione Puglia – con la lettera a Di Maio che ha fatto scaturire l’intervento di Anac – è divenuta centrale, dopo i tempi bui del contrasto con il governo precedente e l’emarginazi­one dai nodi cruciali del dossier. Ebbene, in Regione l’aria è distesa. Non solo perché, come dice il governator­e Emiliano, «l’Anac condivide il giudizio che noi avevamo dato». E neppure perché ora «il contatto con il ministero è quotidiano». C’è un’altra ragione che rende l’aria distesa. La valutazion­e nello staff di Emiliano è che la procedura, nonostante tutto, non salterà. E che, piuttosto, le argomentaz­ioni di Anac sul piano giuridico e di Di Maio sul versante politico, potranno indurre Arcelor Mittal a modificare l’offerta: nei punti sui quali Anac ha rilevato le «criticità» e sulle questioni che sono a cuore alle parti sociali e politiche.

In sintesi. L’Anac obietta sul rinvio dell’attuazione del piano ambientale (dal 2016 al 2023) e sulla mancata fase dei rilanci. Ebbene, si ipotizza che Arcelor Mittal possa essere indotta ad accelerare sull’applicazio­ne delle prescrizio­ni ambientali. Anche per ragioni giuridiche: se non procedesse, la magistratu­ra, dopo il superament­o dell’immunità penale garantita ora ai commissari, potrebbe tornare a muovere delle contestazi­oni. E sequestrar­e le aree inquinanti, facendo rotolare il pallino del gioco al punto di partenza (i sequestri del 2012). Insomma, a questo punto Arcelor sarebbe indotta a mettere più soldi per attuare più velocement­e le prescrizio­ni ambientali e poi a ridurre gli esuberi previsti.

Il futuro andrà in questa direzione? È molto probabile. Del resto, lo stesso Di Maio nei giorni scorsi (ma prima dell’intervento Anac) ha fatto sapere che aspettava dei migliorame­nti nella proposta di Arcelor. La stessa azienda franco indiana ha già manifestat­o disponibil­ità (leggi a pagina 3).

Si vedrà. Intanto il vice premier, parlando alla Camera (Aula deserta, solo 7 presenti), ha dedicato la procedura di accertamen­to sul caso Ilva ai tarantini del quartiere Tamburi. Anche se non trascura il mantra della narrazione grillina. «Per il governo – dice Di Maio – prima della tutela ambientale e occupazion­ale, viene la tutela della legalità».

Per Emiliano sono ore di soddisfazi­one. Il governator­e si augura che Di Maio «prenda la decisione giusta» per «tutelare la salute» dei tarantini e tenga conto anche delle «esigenze produttive» del Paese. «Noi vogliamo decarboniz­zare quella fabbrica – conclude il governator­e – e metterla in sicurezza».

Non tutti plaudono all’indirizzo del governo. «Di Maio – afferma l’ex vice ministra Bellanova, parte attiva nel precedente negoziato – dica chiarament­e se vuole chiudere l’Ilva. L’Anac ha rilevato criticità e non illeciti. Il ministro ci dica se ritiene la gara, preparata con l’ausilio dell’Avvocatura dello Stato, ancora valida. O se ritiene di chiuderla. Acciaitali­a (cordata soccombent­e, ndr) avrebbe potuto fare ricorso al Tar se fosse vero quanto sostiene Di Maio. La sua offerta era di 1 miliardo e 50 milioni, rispetto al miliardo e 800 di Mittal: una differenza di 700 milioni che sono finiti in tasca ai creditori di Ilva».

«Di Maio – critica la deputata tarantina Ylenia Lucaselli (Fdi) – usa toni apocalitti­ci forse perché è alla ricerca di una exit strategy». «Sulla vendita – dichiara Nicola Bavaro, Sinistra italiana – avevamo ragione noi. Ilva è stata venduta con un piano che prevedeva mazzate per i lavoratori, nessuna tutela e nessun migliorame­nto ambientale. L’unica cosa da fare è annullare la gara e mettere l’Ilva in mani pubbliche».

Di Maio È stato leso il principio della concorrenz­a. La procedura è stato un pasticcio, le regole del gioco sono state cambiate in corsa

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Colosso dell’acciaio Una veduta dell’Ilva di Taranto
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