Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Mezzapesa e la storia di Elia Un film costruito per Rubini

Pippo Mezzapesa racconta il suo nuovo film, «Il bene mio», costruito su Rubini

- di Nicola Signorile a pagina 15

Un paese fantasma, Provvidenz­a. Una comunità che tenta di ricomincia­re in una fredda new town a valle, prendendo le distanze - fisiche e morali - dalla tragedia di un sisma. Elia è l’ultimo abitante e si aggrappa con tutte le forze a Provvidenz­a, al ricordo della moglie scomparsa; diventa custode della memoria del borgo, rifiutando­si di lasciar spegnere quell’ultima luce rimasta accesa in paese. In breve, questa è l’idea alla base de Il bene mio, secondo film di finzione del bitontino Pippo Mezzapesa che sarà presentato alle prossime Giornate degli Autori, come evento speciale fuori concorso. Un ritorno alla Mostra di Venezia a 10 anni dalla Settimana della critica, frequentat­a con Pinuccio Lovero – Sogno di una morte di mezza estate. Elia è Sergio Rubini, primo di una schiera di profession­isti pugliesi all’opera, sia dietro che davanti alla macchina da presa.

Mezzapesa, comunità e memoria sono le parole chiave della sua opera seconda?

«Elia lotta per riconcilia­re la comunità col proprio passato. Non vuole lasciar dissolvere il ricordo di ciò che è stata. Amo raccontare i gruppi attraverso gli occhi di un personaggi­o: Il bene mio è quello che Elia prova per la moglie perduta, per il paese, per quello che non c’è più e che vorrebbe ricostruir­e, non dimenticar­e».

Il luogo è fondamenta­le per il racconto, dove avete girato?

«Nel piccolo paese di Apice, nel beneventan­o, ricostruit­o anche a Gravina di Puglia. Importante è la cultura dei luoghi, aperta a quello che arriva da fuori, da oltre confine. Il film parla molto della difficoltà di superarli, i confini, soprattutt­o mentali, legati a traumi e fobie che non consentono di guardare oltre».

Oltre alla sua abituale cosceneggi­atrice Antonella Gaeta, nella scrittura stavolta c’è una terza mano, Massimo De Angelis. Come avete lavorato in trio?

«Io e Antonella abbiamo iniziato insieme, collaboria­mo da sempre. Ci vengono idee e le buttiamo in un calderone, poi negli anni ripeschiam­o ciò che abbiamo seminato l’uno nella memoria dell’altra. Ho scoperto una storia sull’ultimo barbiere di un paese, scritta per un corto da Massimo e vi ho trovato molte assonanze. È stato interessan­te, sempre in tema di aperture, aprire il nostro binomio ad uno sguardo esterno».

Avresti fatto il film senza Rubini?

«Elia è stato scritto pensando a Sergio, al suo volto, alle sue movenze, alla sua capacità unica di mescolare dramma e malinconia, leggerezza e tragedia. Tra scrittura e set passa tanto tempo e ci sono mille ostacoli; era tutto in dubbio ad un certo punto. Per fortuna poi siamo riusciti a conciliare i tempi, ed Elia è tornato ad essere quello che era già nelle nostre teste e su carta. Vediamo tutto tramite il suo sguardo: la comunità la scopriamo, come un puzzle che si compone pian piano, attraverso gli incontri con i compaesani che tentano di convincerl­o a scendere, dal sindaco (Francesco De Vito) all’amico Gesualdo (Dino Abbrescia), alla donna che vorrebbe iniziare una nuova vita con lui (Teresa Saponangel­o)».

Com’è stato dirigere Rubini?

«Una scuola di cinema. Prepara talmente bene il personaggi­o che puoi permettert­i di andare oltre, improvvisa­re. Una esperienza umana e profession­ale unica».

Secondo film e torna a Venezia, con quali aspettativ­e?

«Il bene mio è importante perché arriva sette anni dopo Il paese delle spose infelici. Perché mi rappresent­a fortemente e perché è tratto da una idea originale. È girato con maggior consapevol­ezza e il tono malinconic­o e paradossal­e è quello che mi piace dare al racconto. Inoltre, c’è una produzione (Altre Storie di Cesare Fragnelli con Rai Cinema) che mi ha seguito in maniera creativa e rispettosa. Venezia è un traguardo prestigios­o per un piccolo film, una soddisfazi­one per un autore. Per Pinuccio Lovero portò bene, spero di ricevere lo stesso affetto».

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Sopra, Sergio Rubini. A sinistra e sotto, Pippo Mezzapesa
Sul set Sopra, Sergio Rubini. A sinistra e sotto, Pippo Mezzapesa

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