Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Dalla scrittura al suono Dyer, l’ inglese del Locus
«Per me ritmo e armonia sono due elementi molto importanti nel racconto»
Chissà se prima o poi ritroveremo i vicoli di Locorotondo e gli inediti incontri procacciati dal Locus Focus 2018 in un libro di Geoff Dyer. Certo è che il noto scrittore britannico, in cartellone stasera, ne avrebbe da raccontare, dopo che in questo lungo fine settimana, incrociandosi accidentalmente col narratore americano Michael Zadoorian e con altre personalità locali, ha potuto quanto meno assaggiare le qualità amene del borgo pugliese e dei suoi dintorni, baciati da una splendida eclissi. Il suo libro più recente, Sabbie bianche, è in effetti una raccolta di racconti di viaggio, che mischiano, come da tempo Dyer ci ha abituati, narrazione, memorie personali, osservazioni e riflessioni di uno scrittore viaggiatore. Una scrittura che non dimentica quell’amore per la musica che ha garantito a Dyer il successo mondiale, con libri come Il colore della memoria, appena ripubblicato in Italia dal Saggiatore, in edizione rivista, e con le storie jazz di Natura morta con custodia di sax. Dyer è oggi un sessantenne che manifesta uno spirito adolescenziale. Alto, allampanato, si aggira dinoccolato tra i vichi murgiani, disponibile alla conversazione, studiatamente improntata al più classico umorismo british. Dopo uno scambio di battute sui Mondiali di calcio, abbiamo parlato di scrittura.
L’incontro di stasera a Locorotondo è inserito in un festival musicale: quale ruolo gioca oggi la musica nella sua scrittura?
«La musica ha sempre avuto importanza nei miei racconti. Per quanto riguarda la composizione, a me piace che la mia scrittura abbia un ritmo e una certa armonia, ma, sebbene un tempo ero abituato ad ascoltare bella musica mentre scrivevo, adesso, quando scrivo, non posso ascoltare assolutamente nulla!».
Dalla Londra Sud dei tardi anni Ottanta alle esplorazioni in tutto il mondo di Sabbie bianche: raccontare i luoghi aiuta il lettore a catturare lo spirito del tempo?
«Sì. I luoghi e il tempo. La cosa importante, soprattutto in Sabbie bianche, è l’intersezione di alcuni posti, che sono da sempre lì - per esempio, la Città Proibita -, con mo- menti alquanto fugaci. Nel caso della storia ambientata tra le strade della Città Proibita, appunto, ho voluto narrare la possibilità di un amore estremamente compresso nel tempo».
Dopo aver riscritto il suo primo romanzo, Il colore della memoria, un diario della Brixton nei tardi Ottanta, quali similitudini emergono tra il thatcherismo di quegli anni e i tempi presenti?
«Per essere precisi, non ho riscritto il romanzo, ma soltanto tagliato alcuni passaggi: lo ho editato. In qualche modo, oggi vedo un ritorno alla recessione di quei giorni, ma all’epoca c’erano la rete di sicurezza del welfare e i benefit sociali che consentivano di conservare un certo tenore di vita. Oggi Londra è di gran lunga più costosa: all’epoca ci si poteva vivere anche con pochi soldi. Come contropartita, la qualità complessiva della vita, in termini di bar, ristoranti e cose simili, anche nella Londra Sud, ha conosciuto un incremento mostruoso».
Il genere della sua narrazione, tra memoria, saggio, riflessione, può ricordare la tradizione filosofica e di viaggio dell’Illuminismo, ma anche scrittori contemporanei, come W. G. Sebald. La nonfiction è la via autentica del narrare, oggi?
«Non credo che la non-fiction sia l’unica via futura. E non è una mia scelta esclusiva. Io desidero soltanto dimostrare come sia possibile scrivere una sorta di non-fiction che possieda molte delle peculiarità solitamente attribuite alla finzione narrativa: sono un pluralista!».
Da scrittore di viaggio, qual è la sua cognizione della Puglia e della sua vita culturale?
«Molto limitata! Questa è la prima volta, grazie al Locus Festival, che ci vengo. Il che significa che non vedo l’ora di visitarla».