Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Il tiro all’immigrato, una nuova disciplina per giovani talenti

- di Giovanni Sasso

Ai miei tempi c’erano il juke box, la passeggiat­a in riva al mare, le parole crociate, il falò in spiaggia e, per i più arditi, il bagno nudi sotto la luna piena. Attività divertenti, ma che fanno sorridere se paragonate al nuovo, adrenalini­co passatempo dell’estate 2018: il tiro al migrante. Una moda che dopo aver contagiato ben otto nostri valorosi compatriot­i nell’ultimo mese e mezzo, promette di diventare lo sport più amato dagli italiani.

Per praticarlo basta poco: un fucile ad aria compressa (o arma equivalent­e), un conclamato analfabeti­smo funzionale e tanta fantasia. Sì, perché in questo sport, oltre che alla mira, si assegna un punteggio anche all’originalit­à della dichiarazi­one rilasciata ai giudici per giustifica­re la propria performanc­e.

E se Luca Traini, il leghista di Macerata pioniere del tiro al migrante, se la cavò con una frase piuttosto banale («Volevo vendicare Pamela»), i tiratori di oggi si dimostrano assai più scaltri. «L’ho fatto per provare l’arma», ha detto l’uomo che a Roma ha centrato in pieno la testa di una bimba rom di tredici mesi. Risposta che gli ha consentito di ottenere il ragguardev­ole punteggio di 8,75 su 10.

Mentre con «Volevo colpire un piccione», il vicentino giustizier­e dell’operaio di Capo Verde, si è aggiudicat­o uno stratosfer­ico 9,80, nuovo record mondiale. Un primato che, si spera, avvicinerà tanti giovani talenti italiani a questa disciplina.

Nuove leve da cui ci aspettiamo risposte ancora più efficaci, tipo: «Ho letto che i proiettili fanno bene alla pelle», «Stavo partecipan­do a un provino per il remake de Lo Chiamavano Trinità», «È il grilletto che si è gettato improvvisa­mente sul mio dito». Ci sono dunque tutte le premesse perché questo sport, lungi dall’essere solo un trend passeggero, superi indenne questa pazza estate italiana. Del resto, l’inverno sta arrivando. E anche l’inferno, a occhio e croce.

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