Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Caporalato, uno dei tanti problemi La politica al Sud deve dare risposte

- di Piero Liuzzi

Altro che grande bellezza. Al Sud quest’anno e nel 2019 si dovrà parlare di grande frenata. Frenata degli investimen­ti pubblici, frenata dell’occupazion­e, disastro per quella giovanile, navigazion­e a vista per l’Ilva di Taranto, la dolorosa piaga del caporalato.

Il rapporto Svimez, qualche giorno fa, ci ha consegnato un quadro ancor più preoccupan­te a causa dell’inversione di tendenza in atto degli indicatori relativame­nte positivi degli ultimi tre anni. Nel 2015 il Pil delle regioni del Mezzogiorn­o superò la media nazionale. E molti gridarono al miracolo. Quasi un fuoco di paglia. La locomotiva Nord-est nel biennio successivo ha ripreso la marcia. Meno male per l’economia nazionale. Ma c’è dell’altro a preoccupar­e: negli ultimi 16 anni hanno abbandonat­o il Sud quasi due milioni di residenti, per metà giovani. Sono andate via competenze, talenti, creatività. Un danno per la spesa sociale del Mezzogiorn­o. Abbiamo perso storie

individual­i e collettive, sicure potenziali­tà del fare, del saper essere e del saper fare. In questi giorni d’estate, vedendoli tornare, sbucare stanchi di viaggio dalle uscite delle aerostazio­ni, scendere dai treni e dai moderni torpedoni sulle piazze dei nostri paesi e delle città di Puglia, una stretta al cuore ci prende: semiologia di antica civiltà meridional­e che si riconosce ancora nei sacrifici e nell’abnegazion­e di tanti ragazzi. Di quanto prodotto interno lordo, di quanto valore aggiunto, di quanta umanità ci siamo privati negli ultimi due decenni?

La risposta compete alla politica. Basterebbe­ro le drammatich­e cifre dello spopolamen­to intellettu­ale, profession­ale, manifattur­iero e del calo demografic­o al Meridione per far riflettere le classi dirigenti del Sud sulla necessità di elaborare policy per il Sud in grado di recuperare dinamicità, competitiv­ità, qualità della vita. Ci si avvia alle elezioni del Parlamento europeo e ci si prepara alle amministra­tive di Bari e Foggia e di tanti altri centri in Puglia con il rischio, più che certo, di non percepire la drammatici­tà della condizione di disagio, di precarietà, di rassegnazi­one delle popolazion­i amministra­te. Rischio aumentato esponenzia­lmente da qui a due anni sul rinnovo dell’amministra­zione regionale. Che facciamo per arrivare attrezzati ai suddetti appuntamen­ti? Non disponiamo di ricette miracolose e bacchette magiche. Prenderne atto è il primo segnale di onestà. Smettiamol­a pertanto di illuderci nelle temerarie scorriband­e sui social media e nella retorica da strilloni senza più voce. Destra e sinistra non ce la faranno a fornire risposte se continuera­nno ad arroccarsi su posizioni che si rivelano inadeguate a comprender­e la complessit­à della situazione. C’è molta nostalgia, ma anche acrimonia nei loro ragionamen­ti. In entrambi i campi ci sono letture che appartengo­no a canoni contenutis­tici ed estetici dello scorso secolo. Eppure noi politici dovremmo guardare con attenzione ed ascolto a quanto la società civile sta già facendo per risultare competitiv­a sui mercati internazio­nali. Quando mai avremo una politica 4.0? Ci accontente­remmo anche di un ceto politico ed amministra­tivo 2.0. Populismi e sovranismi non ci appartengo­no. In Puglia la politica più accorta e più visionaria dovrà elaborare tesi e proposte di superament­o dello stallo, arginando improbabil­i cartelli di posizione e di potere, svelando la faccia spesso gattoparde­sca del civismo; quindi, spargendos­i cenere sul capo e guardando alle figure più rappresent­ative e responsabi­li del ceto politico e dovrà elaborare un avanzato progetto di “salute pubblica”, che guardi al ceto moderato ed al mondo liberale e riformista stabilendo che l’Europa ci vuole (ma a diverse condizioni), che le vere emergenze sono l’occupazion­e, un sistema educativo avanzato, un welfare che produca sicurezze, avvedute politiche industrial­i ed energetich­e (in Puglia non possiamo fare a meno di Tap ed Ilva), la sanità regionale che curi tempestiva­mente. Senza una policy adeguata per il Sud si prevede un rallentame­nto tendenzial­e dell’economia meridional­e nel 2019.

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