Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
LUOGHI COMUNI E CASO GALLIPOLI
I problemi del turismo
Era già tutto previsto. Il sistema turistico di Gallipoli crolla sotto i colpi della sua sostanziosa illegalità. Se l’anno passato siamo giunti al paradosso dei balconi fittati come posti letto e degli zombie (giovani tossicodipendenti) che si aggiravano per le strade del borgo dopo nottate di devastazione, quest’anno abbiamo assistito, finalmente, ad arresti importanti che hanno segnalato, qualora ve ne fosse bisogno, la robusta penetrazione mafiosa nell’economia turistica salentina.
Non soltanto pezzi di Sacra Corona Unita, ma anche membri della camorra napoletana e ndranghetisti si sono interessati a Gallipoli come luogo dove fare business. Ma di quale genere di business parliamo? Spaccio di sostanze stupefacenti, vigilanza presso lidi e balere, imposizione di manodopera nelle strutture, racket e riciclaggio nelle strutture, cemento sulla costa, corruzione e abusivismo edilizio. Tutto mascherato dietro quel noiosissimo adagio de lu sule, lu mare e lu ientu recitato come un mantra ogni volta che veniva affrontato il tema della rinascita criminale gallipolina. Un adagio che, oltre ad aver stufato, ha nascosto per un decennio almeno il nuovo radicamento criminale in quella che potrebbe essere (il condizionale è d’obbligo) la prima risorsa economica sana del Salento. Risorsa che si sta trasformando in una industria molto appetitosa per il crimine organizzato e per gli imprenditori compiacenti.
Gallipoli viene pubblicizzata a livello nazionale come un luogo accessibile a chiunque. Ma chi è questo chiunque? Non è la famiglia che si muove per conoscere una bellezza che racconta storia, porti, scogli, musiche mediterranee. Non è quel giovane che cerca sentimento e cultura in gruppo. Non è quello straniero che vuol visitare un borgo straordinario e godere del mare liberamente, senza essere assordato dalla barbarie della musica a ogni ora. Quel chiunque è un consumatore banale. È il cliente perfetto per chi ha deciso che Gallipoli deve smarrire la propria esistenza e morire per intossicazione e mafie. Ecco, se questa è, per il momento, Gallipoli, il resto della Puglia non deve seguirne l’esempio, ma prenderne le distanze comunicando la propria diversità. La Puglia non è soltanto Gallipoli, per fortuna, ma ha bisogno di porre un freno ad alcuni fenomeni quali la privatizzazione delle coste, la ricezione irregolare e il lavoro stagionale in nero, che impoveriscono i territori, allontanando i turisti migliori come avviene, appunto, a Gallipoli. Ecco, per non tornare indietro dobbiamo sterzare verso un turismo sostenibile, calmo, colto, sano. E far sterzare con noi Gallipoli, prima che deragli irrimediabilmente.