Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Un calcio al passato L’anno zero del Bari
Il Lecce e il Foggia sono l’orgoglio pugliese in serie B La sparizione dell’Andria e le difficoltà di Taranto e Brindisi
Anno zero. La stagione 2018-2019 è il punto di rinascita del calcio pugliese. Forzato, per il Bari (di Aurelio & Luigi De Laurentiis) costretto a ricominciare dall’anfratto della serie D (ma con la porticina della C sempre aperta). Ma anche per il Lecce che, dopo una overdose di delusioni, rimette i piedi sul palcoscenico della B e torna a respirare l’atmosfera di teatri più consoni alla storia dei suoi ultimi trent’anni. E nondimeno per il Foggia, il cui spumeggiante attacco ha il compito di far dimenticare le tribolazioni societarie che in estate hanno spinto i rossoneri sull’orlo della retrocessione (d’ufficio) in C poi tradottasi in una robusta penalizzazione. Vicende distinte, ma non separate dal periodo difficile che vive un movimento impoverito da altre gravi perdite (la sparizione della Fidelis Andria dall’universo professionistico) e da ormai cronici stati di ridimensionamento (Taranto, Brindisi, Barletta, Trani). Una condizione di sofferenza, da malato bisognoso di cure, che ha trovato la sua coerente esemplificazione nella disintegrazione del Bari di Cosmo Antonio Giancaspro.
A dispetto della traumatica ripartenza dai piani inferiori, è proprio sui biancorossi che si concentrano le maggiori curiosità. Per la statura imprenditorial-sportiva del personaggio, Aurelio De Laurentiis, al quale il sindaco Antonio Decaro ha affidato il lungo nonché ambizioso progetto di rilancio. E per la capacità di adattamento della tifoseria, dal palato ben più fine, ad un campionato (D o C che sia) in cui i valori primordiali del pallone - temperamento, qualità individuali dei giocatori, fattore campo - hanno da sempre il sopravvento su qualsiasi sofisticazione di ordine tecnico o tattico. Vincere sembra il meno assillante dei problemi, con un club e una piazza alle spalle così protettivi. Ma vincere non è mai agevole, soprattutto in un torneo (la D) in cui la promozione viene assegnata solo alla squadra prima classificata. La bilancia, però, pende dal piatto opposto per un’inconfutabile sommatoria di indicatori favorevoli. Intanto la collaudata abilità di De Laurentiis nel saper fare calcio dal basso, dalle categorie minori, come ha dimostrato con il Napoli che rilevò in C - faticando non poco nella fase di avviamento - e che ha portato stabilmente a partecipare alla Champions League. Al precedente (di ottimo auspicio) si aggiunge il sacro fuoco di un ambiente che nelle situazioni al limite del collasso - il caso della meravigliosa stagione fallimentare è d’insegnamento - ha denotato un grandissimo attaccamento alla squadra. Succederà, presumibilmente, pure stavolta. A patto, tuttavia, che il nuovo corso tracci presto una linea chiara. Entrare di più nella città, coinvolgere la massa innamorata di gente che ancora non si dà pace per l’esclusione dalla galassia professionistica, non lavorare e comportarsi da estranei in una casa dove si è ricevuta un’accoglienza calorosa: ecco le direttrici che, unite alla costruzione di un organico assai competitivo, dovranno orientare il tragitto di un club condannato a raccogliere risultati all’altezza delle (ovvie, enormi, congrue) aspettative. Il popolo del San Nicola si fida di De Laurentiis. Assimila per oro colato le dichiarazioni con le quali il patron sostiene di poter arrivare, un giorno, a detenere due società che militano in serie A rovesciando le regole che persino l’onnipotente Claudio Lotito non è mai riuscito a cambiare. L’utopia al comando? Meglio procedere per step. Ad iniziare da una scalata, di sicuro, non sarà una passeggiata sgombra di insidie. E proseguire con il mantenimento del legame fortissimo che, a dispetto del lutto del 16 luglio scorso, il Bari e i suoi tifosi conservano. Sono i due lati, chiave, della stessa medaglia. Le prime pagine del libro con cui il calcio biancorosso si accinge a voltare pagina.