Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Girardi, una vita tra piscine e talenti
Unanimemente riconosciuto punto di riferimento in Puglia L’allenatore ha trascorso in vasca 40 dei suoi 70 anni
La passione muove tutto, il resto è un mix che definisce «inqualificabile», lontano da regole e formule magiche. Piuttosto è alimentato da studio continuo, dei dettagli, della meccanica del movimento, fino a raggiungere l’efficienza della bracciata, della gambata, del gesto insomma. Eccola qua la bibbia di Raffaele Girardi, istruttore di nuoto considerato unanimemente un punto di riferimento in Puglia.
Settanta anni, di cui oltre 40 vissuti in vasca, insegnando i trucchi del mestiere, ricevendo in cambio soddisfazioni, prima umane poi sportive. Come quella di Elena Di Liddo, la “farfalla” biscegliese che continua a stupirlo. Il bronzo agli Europei di Glasgow è stato l’ennesima scintilla di una carriera che li vede legati da un filo doppio. Irresistibile. Quasi simbiosi. «Dopo il bronzo ha chiesto se fossi ancora vivo per l’emozione — racconta Girardi —. La mia risposta? La tengo per me. Certe cose devono rimanere private».
È un po’ il tratto caratteristico dell’uomo. Riservato e di poche parole, attento ai fatti e alla crescita dei suoi ragazzi. Per risalire a uno dei primi occorre tornare indietro di quasi 30 anni. Era il 1989, operava a Grottaglie ed entrò in contatto con Luis Laera, campione italo argentino che si sarebbe rivelato una delle certezze del nuoto italiano. A Ruvo, invece, dopo una parentesi a Corato, conobbe Elena Di Liddo, talento che avrebbe coltivato successivamente a Giovinazzo, dove tutt’ora Girardi si diletta nella scoperta e nella coltivazione dei talenti.
Ne ha lanciate di “stelline”. Da Fabrizio Addamiano a Giulia Ricco, fino a Maria Mastandrea e Giorgia Pasqualicchio. Senza dimenticare le più recenti Jennifer Martiradonna e Vincenzo Cirulli. Ma sono anche di più quelli che ha visto cominciare di gran carriera e poi perdersi. Perché un buon allenatore è prudente e misurato, poco attento alle celebrazioni premature e ai voli pindarici. «Serve cautela — prosegue — e attenzione allo sviluppo graduale dell’atleta perché oltre all’individuazione, è difficile la gestione del campione». Meglio diffidare dai giudizi effimeri, allora. E badare al sodo. «In 40 anni — conclude — potrei ricordare mille episodi. Ho dei ragazzi che si cimentano ancora nei master, che mi vogliono bene. L’affetto mi ripaga di tutto».