Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Di Maio a Foggia sfida i caporali «Ma noi schiavi così danneggiat­i»

- Di Luca Pernice

L’orologio segna le 15.35. In giro per Borgo Mezzanone, a dieci di chilometri da Foggia, non c’è nessuno. Quasi tutte le imposte delle abitazioni sono chiuse per non far entrare il caldo asfissiant­e. Amadou, un senegalese di 41 anni, ci aspetta davanti al piccolo bar della borgata. Appena ci vede, fa cenno di non avvicinarc­i. Non è solo. Quando l’amico si allontana, ci raggiunge. Amadou ha promesso di raccontarc­i la sua vita di bracciante agricolo, anche dopo gli incidenti stradali di agosto in cui sono morti 16 nordafrica­ni. Morti che hanno scoperchia­to, a livello nazionale, l’emergenza caporalato. «Qui – ci dice subito Amadou – non puoi lavorare nelle campagne se non c’è il caporale. Lui ti trova il lavoro, ti permette di dormire e di vivere nei ghetti».

Amadou è in Italia da sei anni. Dopo aver attraversa­to il Mediterann­eo ha lavorato in Calabria, a Corigliano, e da quasi quattro anni vive nel ghetto nei pressi del Cara di Borgo Mezzanone. Nella zona chiamata “la pista”. «Partiamo – racconta - intorno alle 5 di mattina con un furgoncino. Di solito siamo in dodici. Stiamo stretti ma non ci sono le panche. Nel nostro mezzo ci sono ancora i sedili, anche se qualcuno deve sedersi in braccio a un altro». Oggi, per ogni cassa di pomodoro che riempie, pari circa ad un’ora di lavoro, Amadou prende tre euro e mezzo. Un bracciante regolare ne prenderebb­e otto e mezzo. «Prima degli incidenti stradali – spiega seccato il senegalese – riuscivo a guadagnare anche 4,50 euro a cassone. I caporali ci hanno detto che, dopo gli incidenti, ci sono più controlli e il lavora scarseggia. Gli agricoltor­i hanno sempre più paura a farci lavorare nelle campagne».

Amadou indossa un jeans logoro e una camicia a scacchi con grosse chiazze di sporco. Non ci vuole dire in quale campagna lavori, probabilme­nte lungo la statale 16, dopo San Severo. Di solito una giornata di lavoro dura dalle 10 alle 12 ore. Poco tempo per la pausa. «Ci fermiamo solo per mangiare il panino e lo dobbiamo mangiare anche velocement­e. La bottiglia dell’acqua la portiamo sempre con noi ma stiamo attenti a non finirla subito». Tutto ruota attorno al caporale. Il lavoro, l’alloggio, persino la bottiglia d’acqua è del caporale. Ma nulla è gratis. «Il mio letto è un materasso per terra, in una baracca, che divido con altri quattro braccianti». Per quell’alloggio, Amadou, paga 160 euro al mese. Sempre al caporale versa due euro per il panino e due per la lattina di acqua. Sa che domani a Foggia c’è il ministro Luigi Di Maio proprio per parlare dell’emergenza caporalato. «Ma che viene a fare? Se ne sono accorti ora che siamo gestiti dai caporali? Perché non vanno a controllar­e chi lavora nei bar o nei lidi? Anche loro per oltre dieci ore di lavoro prendono pochi euro». E poi c’è la stanchezza di essere sfruttati. «Si – conclude – ma questo è l’unico modo per lavorare. Speriamo che questo clamore finisca presto e si dimentichi­no di noi. Così torniamo a lavorare e a guadagnare di più».

Amadou 41 anni Prendo 3,50 euro per ogni ora di lavoro, vengo sfruttato Ma anche chi lavora nei bar o nei lidi viene pagato poco

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Il bracciante­La dura raccolta di pomodori nel Foggiano

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