Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

UN REFERENDUM AD ESCLUSIONE

L’Ilva e le voci inascoltat­e

- Di Sergio Talamo

Ora chi lo spiega a Mauro Zaratta che il referendum sull’Ilva riguarda solo i dipendenti, e a lui nessuno chiederà niente? Mauro è il papà di Lorenzo, che morì a 5 anni dopo che a soli tre mesi gli era stato diagnostic­ato un tumore al cervello. «La mia famiglia lavorava lì - disse disperato -, i miei nonni e mia mamma sono morti di tumore, e mia moglie, durante la gravidanza, lavorava nel quartiere Tamburi. Quei gas sono in grado di modificare il dna e causare errori genetici». Mauro non è un medico. Grazia Parisi sì. È pediatra, e dice che «a Taranto abbiamo il 30% in più dei tumori infantili e il 54% in più di mortalità infantile rispetto al resto della Puglia». Ma oggi parole come queste non hanno più suono. Il tripudio per “l’accordo” è generale, fino al referendum di questi giorni: perché mai i lavoratori dovrebbero dire cose diverse da ciò che hanno sempre detto, cioè che fra il lavoro e la salute sono costretti a scegliere il lavoro, visto che nessuno li ha mai sottratti a questa alternativ­a? Eccolo, il “lieto fine” della storia iniziata con i sequestri del 2012, dopo 12 decreti che invece di tutelare la città tutelavano l’acciaieria: una rimozione. Si è voluto dimenticar­e che in gioco non c’era un semplice cambio di proprietà, ma la tragedia di una città. Dalla rimozione deriva un accordo che costruisce un percorso di difesa dei posti di lavoro e delle garanzie contrattua­li ad oggi esistenti.

Dal punto di vista sindacale è un successo, ai limiti del capolavoro. Se non fosse che a Taranto il problema non erano solo gli esuberi. Non eravamo di fronte ad un crisi industrial­e come le altre. In città si proveniva da una perizia medico epidemiolo­gica, che nel 2012 fu alla base del sequestro degli impianti dell’area a caldo, e che diceva chiaro e tondo che le emissioni erano state causa primaria di malattie e morte. Da quella perizia nulla è cambiato. Il risultato, oggi, è che continuerà a funzionare la stessa area a caldo da cui Genova è stata liberata. Così, mentre con qualche decennio di ritardo prosegue la copertura dei parchi minerali, la notizia è che i controlli sull’impatto sanitario saranno sempre e comunque a cose fatte e non si intravedon­o piani specifici per bonificare un territorio avvelenato da enormi quantità di diossina e di amianto. In più, resta confermata l’immunità penale: i prossimi morti non avranno colpevoli. Molti cittadini guardano attoniti. Chi può va via, chi non può si affaccia sul Ponte e piange la sua città tante volte tradita.

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