Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Heidi e il dolce Remi dietro i sostenitori del partito della famiglia
La colpa è di Heidi. Ne sono certo. Seguite il mio ragionamento. Avrete notato il fiorire di politici nostalgici del vecchio diritto di famiglia. Come Pillon della Lega, che vuole abolire le unioni civili, vietare il divorzio e l’aborto, imporre la mediazione tra i genitori che si separano e (forse) stabilire per legge la posizione più idonea per il coito. Sono di solito politici maschi che sognano un ideale focolare domestico dove le donne, esseri mitologici metà puerpere e metà assi da stiro, circondate dall’affetto di numerosa prole e dall’odore di ragù, sferruzzano a maglia sorridenti, attendendo che il Capofamiglia torni dal lavoro, dalla caccia o dal bordello. Hanno tutti un’ossessione: obbligare per legge gli italiani a formare quella «famiglia tradizionale» che alcuni di loro, nella vita privata, sono riusciti a mettere in piedi. Ma non è quello il problema. Il loro disturbo ossessivo compulsivo ha a che vedere con le loro date di nascita: Pillon (classe 1971), Fontana (1980), Adinolfi (1971), Salvini (1973). Sono cresciuti in anni nei quali tutti i protagonisti dei cartoon, dalla succitata Heidi al dolce Remi, da Actarus a Candy Candy, da Georgie a Sebastien fino ad Anna dai Capelli Rossi erano orfani, ripudiati, diseredati. La più fortunata viveva tra le capre, in Svizzera, sequestrata da un nonno burbero.
È stato questo immaginario di sfiga ancestrale, costellato di orfanotrofi decadenti, di sadiche tutrici tedesche, di sorellastre aguzzine, ad infiltrarsi nel subconscio infantile di quei politici, trasformandoli poi, una volta al potere, negli alfieri del revanscismo familista. Bisogna capirli: dove noi vediamo solo leggi o emendamenti, loro vedono Remi che ritrova mamma e papà, Candy Candy che sposa Terence e dà un fratellino al procione, Heidi che manda affanculo la signorina Rottermeier.
Bisogna capirli, vero. Ma poi, subito dopo, curarli.