Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
TORNARE PADRONI DEL PROPRIO FUTURO
Nella domenica in cui il nuovo Bari debutta sullo scalcagnato (quanto inedito) palcoscenico della serie D, chiude i battenti la nuova Fiera del Levante. A parte l’aggettivo - nuovo il lettore è legittimato a chiedere quale possa essere l’associazione credibile tra una squadra di calcio che oggi gioca la sua prima gara ufficiale e una campionaria dal marcato profilo commerciale. Nessuna, all’apparenza. Tranne il fatto che nella coincidenza temporale si specchiano due simboli - storici, identitari - di una città costretta a spossessarsene per riportarli o tenerli in vita. Il Bari, su scelta del sindaco Antonio Decaro, è ripartito da un produttore cinematografico romano che nel calcio ha costruito le fortune del Napoli (e sue). La Fiera, per uscire dal tunnel dell’indirizzo solo politico e dei bilanci ammaccati, si è lasciata adottare dai gestori bolognesi e ha varato un modello di coabitazione con la Camera di commercio. Due storie parallele che, per debolezza della classe dirigente locale compresa in ogni sua espressione, hanno finito per incrociarsi e diventare rivelatrici di una città che si è messa nelle mani degli altri per continuare ad essere se stessa. Non sapendo, però, se il respiro di un’operazione del genere sia lungo e propizio.
Senza farsi travolgere dalla nostalgia di un passato aureo, è necessario che adesso Bari torni a guidare il suo presente. A contare, anche quando le redini - come nel caso del calcio o della campionaria - sono tenute da chi se le è ritrovate quasi per insolito favore del destino. Un segnale buono? Quello dato in settimana dal sindaco ad Aurelio De Laurentiis, a proposito della minacciata (a Luigi De Magistris) deviazione del Napoli al San Nicola per disputare le gare di Champions League. «Meglio che ogni squadra giochi nello stadio della sua città», ha detto Decaro, sottintendendo che Bari non può essere trattata come una ruota di scorta o calata strumentalmente in acque che non la bagnano. Un segnale cattivo? La personalità incerta dell’edizione che doveva sancire il rilancio della Fiera del Levante, unita a un impoverimento dei contenuti espositivi compensato solo in parte da una fitta agenda di convegni e da un denso cartellone di spettacoli serali. Se l’obiettivo era guardare al futuro, credere nelle start up per sfondare sui mercati globali della tecnologia avanzata, sviluppare competitività, allora c’è ancora molto lavoro da fare. Un impegno che non può prescindere da una voglia di reale protagonismo, dal gusto di crescere sani e forti. Uno sforzo che non si limiti alla vetrina delle cerimonie inaugurali o delle parole di circostanza. Una ricetta che, estesa su un campo d’azione più largo, consenta a Bari di tornare autorevole, coraggiosa e padrona del suo destino.