Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
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La decisione del governo di blindare una vasta area della provincia di Foggia per cancellare l’orrore dei furgoni della morte controllati dai caporali conferma che qualsiasi strategia per la sicurezza non può prescindere da un capillare e costante controllo del territorio. A distanza di poco più di un mese dalle stragi sulle strade che hanno cancellato il destino di sedici braccianti extracomunitari, le forze dell’ordine hanno sequestrato una cinquantina di veicoli: in media più di uno al giorno, tutti utilizzati dal racket delle braccia per il trasporto di gruppi di disperati, gente approdata nell’Occidente più vicino e poi finita a spartirsi e contendersi un posto da schiavo nelle torride campagne di Capitanata.
Di certo il rafforzamento dei controlli non può essere sufficiente a cancellare il business dell’agromafia, che secondo stime della Coldiretti alimenta un giro d’affari da 21,8 miliardi di euro all’anno con un recente incremento del 30%; tuttavia, uno spiegamento di forze adeguato alla minaccia costituita da una federazione di cosche che soltanto in Puglia (ed esclusivamente nel periodo della raccolta del pomodoro) lucra fino a trenta milioni, è un elemento essenziale nell’ambito di un’azione di prevenzione e non è comunque alternativo a una mirata offensiva investigativa. Insomma, i posti di blocco nelle strade che attraversano il cuore delle campagne pugliesi non saranno una svolta definitiva, ma sono un passo in avanti concreto al di là di qualsiasi interpretazione o convinzione in tema di sicurezza.
Del resto è quanto avvenuto proprio in Puglia nel 200o, quando il governo lanciò l’operazione “Primavera” per cancellare definitivamente il contrabbando, anche quello un affare da capogiro gestito da una cupola di cosche attraverso il quale veniva persino condizionata la geopolitica internazionale di parte del Mediterraneo: furono smantellate le centrali radar e i bunker dei trafficanti, furono sequestrati i fuoristrada blindati utilizzati dai banditi per spargere terrore e morte, fu restituito allo Stato un’ampia fetta di territorio. Quell’operazione è di fatto un modello di riferimento nella gestione delle emergenze legate alla sicurezza, dal caporalato all’escalation criminale barese. A patto però che vengano messe in atto le stesse iniziative adottate dal governo dell’epoca: un sostanzioso investimento in termini di uomini e mezzi (allora furono necessari oltre quattro miliardi di vecchie lire) e un intervento legislativo per non vanificare anni di inchieste.