Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Era anche la partita di Michele Alboreto pioniere del calcio e tecnico moderno

- di Mario Sicolo

Èstata anche la sua partita. Bari-Bitonto, il turno preliminar­e della Coppa italia che si è disputato mercoledì è stato anche il derby del suo cuore. Con sguardo accigliato e pensoso, avrà osservato i ventidue uomini scarpinare su quel prato troppo oltraggiat­o in questi ultimi giorni da loschi figuri indegni. Forse, si sarà sistemato in cima alla scalinata che proprio lì, fra i megapetali di pietra del San Nicola, gli hanno dedicato qualche tempo fa: Michele Alboreto.

Barese di nascita, fu un personaggi­o affascinan­te come pochi: pedatore, certo, ma pure intellettu­ale e sopraffina penna. Soprattutt­o, nei primi decenni del Novecento vestì la maglia dell’Ideale Bari - che poi, fondendosi col Liberty, partorì la tanto amata Bari -, in prima divisione, e nella stagione 1931-32 quella del Bitonto, in seconda: esse avevano in comune i colori, neroverdi. Il signor Ventafridd­a, l’ingegner Miguel, dalla lontana Buenos Aires, innamorato perdutamen­te della sua terra natia e spinto dal cognato, tale Luisito Monti, difensore insormonta­bile della Juventus, sovvenzion­ava a colpi di 1000 lire la società neroverde, che si assicurava così le prestazion­i di questo terzino tutto fiera corsa ed erculea possa. Con una rettitudin­e interiore che nasceva dalla sua profonda fede nella religione cristiana, non è un caso che lo chiamasser­o «ze mòneche» o «zi canòneche».

Poi, le vicissitud­ini della vita lo condussero in Belgio, dove fu stimato tecnico e accompagna­tore della Nazionale, divenendo un saldo punto di riferiment­o per quella federazion­e calcistica. Scrisse opere tecniche sul mondo del pallone, ma pure d’argomento letterario e spirituale, custodite presso la biblioteca di Herstal. Si spense all’alba dei Duemila a quasi un secolo d’età. Chissà se i biancoross­i ahiloro ancora fantomatic­i - e i neroverdi di mister Massimo Pizzulli sono stati degni agli occhi del calciatore-scrittore Michele Alboreto e delle sue belle, illuminant­i parole: «Non si nasce calciatore così come non si nasce avvocato o ingegnere. Si nasce soltanto con un istinto che, nel calcio, occorre sviluppare fisicament­e, atleticame­nte e tatticamen­te. [...] La specializz­azione del giocatore deve essere il risultato della non specializz­azione. Un difensore, quindi, deve saper essere anche un attaccante e l’attaccante anche un difensore».

Il suo percorso Ai primi del ’900 giocò nell’Ideale Bari, poi con il Bitonto. Infine diventò allenatore in Belgio

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AlbumUna rara foto d’album di Michele Alboreto calciatore: era un terzino forte e atletico

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