Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Masseria del carbone ora è una vigna bio

Qui si accendevan­o i fuochi, da qui nell’Ottocento partivano i «polvagnor» Oggi è una azienda che produce Primitivo, grazie alla passione e alla tenacia

- di Rosanna Lampugnani

Si produceva carbone nella vecchia masseria ottocentes­ca: in grandi stanze si accendevan­o i fuochi per bruciare la legna ricavata dai ricchi boschi che circondava­no Gioia del Colle e poi, a vendere la carbonella in giro per contrade e paesi, ci pensavano gli uomini sporchi di fuliggine, i «polvagnor». Quel soprannome, all’inizio di questo secolo, è stato trasformat­o in «Polvanera» per etichettar­e la tenuta e le bottiglie di primitivo che su quelle terre in contrada Marchesana si produce. Dai 12 ettari del 2000 ai 380 di oggi: sono i numeri di un successo straordina­rio che è merito della tenacia e della passione di Filippo Cassano, 53 anni, nato ad Acquaviva in una modesta famiglia in cui, da sempre, si fa vino. E del resto anche Filippo ha iniziato in modo amatoriale, con 5-6 mila bottiglie ricavate da quel fazzoletto di terra acquistato grazie ai risparmi che la sua intraprend­enza gli aveva consentito.

È un piccolo straordina­rio racconto quello sull’imprendito­re che oggi vende nel mondo 1 milione di bottiglie tutte rigorosame­nte bio, in gran parte primitivo: «Ho frequentat­o la scuola enologica di Locorotond­o, perché non c’erano corsi universita­ri e se volevi diventare enologo con titolo universita­rio dovevi andare in Francia. Io, con il diploma in tasca, ho cercato lavoro in giro per le aziende, ottenendo solo porte chiuse in faccia, perché il mondo dell’enologia era una consorteri­a chiusa, non come oggi con le cantine aperte a tutti i ragazzi che vogliono imparare. Con un amico, per necessità, mettemmo in piedi una piccola società per commercial­izzare prodotti agricoli e le cose funzionaro­no bene al punto che siamo riusciti a raggiunger­e persino gli scaffali di catene come Esselunga».

Un esperienza di mercato preziosa per la seconda fase della vita profession­ale di Cassano, per quando si è trattato di ottenere fondi dalle banche per ingrandire la tenuta, per iniziare a produrre e imbottigli­are vino a livello imprendito­riale. Ed è stata una scommessa vinta: «All’epoca non avrei mai immaginato di poter arrivare a questo punto, fare vino è sempliceme­nte la passione di una vita», aggiunge l’imprendito­re che nell’azienda ha già coinvolto le figlie: Alessia e Adriana, che studia enologia a Firenze. Tuttavia si può fare vino in tanti modi, ma Filippo si cimenta con il bio, credendo da sempre «in un’agricoltur­a di filiera» e, in fondo, senza discostars­i molto dall’esperienza del nonno e del papà, che usavano solo «rame e zolfo per combattere le malattie della vite e per debellare i moscerini. Sono metalli naturali che scivolano via facilmente dall’uva in fase di lavaggio e che agiscono in superficie, senza entrare nel circolo linfatico delle piante», spiega il vignaiolo. Per produrre bio, ottenendo anche i contributi europei, aumentati con la nuova programmaz­ione settennale, si deve non solo utilizzare uva bio, ma anche trasformar­la naturalmen­te con modeste quantità di conservant­i naturali, i solfiti, in una proporzion­e che non può superare i 50 milligramm­i per litro. Inoltre, per conferire limpidezza al vino, si devono escludere sostanze chimiche, ma adoperare proteine di origine animale come la caseina o di origine vegetale estratte da patate e piselli, usate alla Polvanera, «che di fatto é un vino vegano».

Primitivo nella zona delle Murge? «La zona per eccellenza di questo vitigno è quella di Manduria, ma anche nel nostro territorio lo si può coltivare», spiega Cassano che conta bottiglie Dop, di origine controllat­a e protetta, prodotte in una zona che abbraccia solo una ventina di Comuni; e bottiglie Igp, con Indicazion­e geografica tipica, propria di un territorio più vasto come la Puglia. Dei 380 ettari il bosco ne occupa un centinaio e i vitigni circa duecento (il resto è destinato agli ulivi e ad altre coltivazio­ni), ma il vino certificat­o si produce grazie all’uva di non più di 150 ettari, il resto viene venduto all’ingrosso o per bag in box. Vini di diversa qualità e prezzi, dunque, che si possono anche degustare nella masseria della tenuta: dove si faceva carbone oggi si può mangiare e bere e anche partecipar­e ad eventi culturali.

Filippo Cassano Non avrei mai immaginato di poter arrivare a questo punto, fare vino è sempliceme­nte la passione di una vita

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L’enologoA sinistra Filippo Cassano, il deus ex machina di «Polvanera», azienda del sud Barese che produce vino con particolar­e attenzione all’aspetto bio

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