Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Un tragico «Tancredi» L’opera di Rossini in scena venerdì al Petruzzell­i

L’opera di Rossini sul palco del teatro barese venerdì con la regia di Pier Luigi Pizzi «Sarà una versione sobria per assecondar­e il dramma». L’orchestra affidata a Perez-Sierra

- di Giuseppe Daponte a pagina 13

Gioacchino Rossini (1792-1868), spiega il musicologo Philip Gossett, «si era già cimentato in tutti i generi, senza disperdere il carattere irripetibi­le della sua personalit­à musicale». Ma, precisa Gossett, è con la sua decima partitura musicale, il Tancredi, che ha raggiunto la «maturità compositiv­a» e «il suo nome si è imposto in Europa, sebbene non avesse ancora 21 anni quando l’opera esordì a La Fenice di Venezia, nel 1813».

Il melodramma eroico in due atti sull’amore folle tra Tancredi e Amenaìde, nella Siracusa dell’anno 1000, andrà in scena al Teatro Petruzzell­i venerdì prossimo (alle 20.30) e in replica nei giorni successivi, sabato e domenica (18.00) e martedì, mercoledì e giovedì (alle 20.30). A firmare regia, scene e costumi un grande del panorama operistico internazio­nale, Pier Luigi Pizzi, mentre dirigerà l’Orchestra del teatro il maestro José Miguel Pérez-Sierra.

«Tancredi, con Semiramide e Guillaume Tell – ammette Pizzi - occupa un posto centrale nel mio percorso rossiniano. Per vari motivi». In primis, perché è stata la sua prima opera, messa in scena al Rossini Opera Festival nel 1982, in una versione neogotica, integrale e addirittur­a con due finali. Sì perché, il finale lieto proposto al debutto a Venezia non piacque al conte Luigi Lechi, poeta neoclassic­o. E ne suggerì a Rossini uno tragico, che ripristina­sse la trama originaria della tragedia scritta da Voltaire nel 1760, da cui il librettist­a Gaetano Rossi aveva tratto l’opera.

«Un mese dopo – ricorda Pizzi -, con un colpo di genio, Rossini cambiò il finale e il senso dell’opera, che diventò di una modernità sconcertan­te. Tanto che, come sempre succede, nella prima messa in scena, a Ferrara, non piacque. Da buon pragmatico, allora, nella rappresent­azione di Milano ripristinò il lieto fine. E così sarà consegnato alla storia». Finché, nel 1974, il manoscritt­o di Rossini sul finale tragico non fu ritrovato negli archivi di Luigi Lechi. Alla prima vista del materiale «vennero gli occhi lucidi al musicista Alberto Zedda, della Fondazione Rossini - ricorda Pérez-Sierra, che ha lavorato al suo fianco per decenni – È stato quello il più grande ritrovamen­to degli ultimi 50 anni. Un finale che ci riporta quasi al Barocco e che ha contribuit­o alla riscoperta di Rossini, mai affettato e sempre ironico, oggi considerat­o tra i più grandi compo- sitori della storia, erede di Mozart e padre del melodramma italiano dell’800 e dell’opera seria».

Pizzi poi progetterà interpreta­zioni sempre nuove del Tancredi, quasi sempre con finale tragico. Tra cui quella del ’99, in scena a Pesaro, che dopo varie repliche ora approda al Petruzzell­i. In questa versione, riferisce Pizzi, l’opera è sobria per assecondar­e il dramma. «Decisivo – sottolinea – è stato il contributo di Massimo Gasparon, che ha curato le luci, il ruolo dei due tenori, molto giovani e dunque più credibili, e degli altri personaggi. Invito il pubblico a lasciarsi trascinare con innocenza dall’opera, fino all’ultimo respiro di Tancredi, in cui tace anche la musica».

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Sul podio Lo spagnolo José Miguel PérezSierr­a dirigerà l’Orchestra del teatro

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