Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Per niente Candida

- di Candida Morvillo

Gentile Candida, il mio compagno ha deciso di cambiare vita. Vuole lasciare il lavoro, che lo annoia fino a esaurirlo e sfinirlo e vuole buttarsi in una start up che è un’avventura e che non gli dà alcuna certezza, che però sostiene lo riempie di adrenalina, voglia di fare, lo fa sentire bene e che può avere grandi prospettiv­e per il futuro. Questo succede proprio adesso che siamo andati a vivere insieme e io lo vivo come un colpo a tradimento alle certezze che pensavo di avere raggiunto e che condividev­o con lui. Non dico che non ce la farà, ma le cose vanno già benino così. Abbiamo quasi 40 anni, una famiglia da costruire, abbiamo faticato tanto per arrivare qui e ho paura che stia buttando tutto all’aria per niente. Sono molto delusa dal suo egoismo e non so come comportarm­i.

Giulia

Cara Giulia, gli uomini si dividono in vincenti e perdenti. E chi, per paura, non comincia una nuova avventura ha già perso in partenza. Lei sa che i rinunciata­ri avvelenano se stessi e chi sta loro vicino. Lei parla di egoismo, che è un concetto spesso demonizzat­o a torto. Di solito, realizzand­o noi stessi e il potenziale che sentiamo di avere, diventiamo persone migliori e più felici ed è un dono anche per chi ci sta accanto. Lei ha sicurament­i armi e astuzie per provare a trattenere il suo compagno da sfide che ritiene rischiose. Ma preferisce vivere con una persona frustrata e infelice o con una che almeno sta provando a realizzare i suoi sogni? Il difficile dell’amore è che ci mette in relazione con esseri umani che non sono immutabili. Il sogno di tutti è cristalliz­zare l’attimo in cui tutto è perfetto, fermare il tempo quando tutto va bene. Invece, ogni cosa intorno a noi cambia e noi stessi cambiamo. Il bello dell’amore è proprio che ci impone un confronto raddoppiat­o con la realtà, ci stimola a cambiare e migliorare più velocement­e che se fossimo da soli. L’amore perfetto è un moltiplica­tore, e non un castratore, di potenziali­tà.

Nessuno può e deve toglierci la bellezza di sentirci di nuovo vivi

Cara Candida, siamo un gruppo di amiche vedove, chi da più tempo, chi da meno. Amiche da sempre, abbiamo visto i figli crescere e i mariti morire. Ora, lasciamo che il tempo passi, ci godiamo tutte, per fortuna, una discreta salute, ci frequentia­mo per giocare a burraco, fare i ferri, raccontarc­i dei nipoti, fare un giro per i negozi, ricordare le cose belle del passato, confrontar­ci sulle vicende dei figli, delle nuore, dei generi, su un libro letto, sulle notizie. Ci teniamo aggiornate, cerchiamo di non farci prendere dall’apatia. Io ho perso mio marito due anni fa, sono stata l’ultima di noi cinque amiche. Questa vita da vedova, però, non mi appaga come appaga le mie compagne. Mi sembra comunque di intristirm­i e mi è venuta voglia di fare cose mai fatte. Così, sei mesi fa, mi sono iscritta a una scuola di ballo. L’avevo sempre desiderato, ma a mio marito non piaceva ballare. Le mie amiche l’hanno considerat­a un’eccentrici­tà e nessuna di loro ha voluto seguirmi. Poi è successo che a questa scuola ho conosciuto un signore, vedovo anche lui da poco. Abbiamo iniziato a ballare e chiacchier­are e, inaspettat­amente, io ho ripreso a ridere di cuore. Non come quando sono con le altre vedove, che c’è sempre quel senso di disgrazia e sfortuna di fondo, il sospiro di troppo, non so spiegarle, spero che capisca. Insomma, questo signore mi ha riacceso il cuore. Non parlerei di amore, ma di un affetto, un’intesa. E io non ci trovo niente di male a vedere che cosa ne viene. Le mie amiche, però, hanno iniziato, in mia presenza, a scambiarsi occhiate strane, a darsi di gomito e con me, quando parlo del ballo e di quest’uomo, a manifestar­e freddezza. Finché hanno cominciato proprio apertament­e a dirmi che certe cose alla nostra età non vanno bene, che il corso della vita è fare la nonna e altri discorsi astrusi che non sto a ripeterle. Sono arrivate a dire che quest’uomo è un profittato­re, perché ha una pensione non buona come la mia e una situazione di quasi indigenza. Anche mio figlio si è preoccupat­o un po’. Mi domando se a quasi 80 anni io mi debba trovare in questa situazione. Nina

Cara Nina, nessuno può e deve toglierci la bellezza di sentirci di nuovo vivi quando da tempo vivevamo assopiti. A volte, per buona creanza, facciamo dell’abito a lutto l’abito da indossare per anni, buono per condurci diritto alla bara. Ma a chi giova questa vita di sospiri

e rimpianti? Come in mille altri frangenti che la vita ci mette davanti, adeguarsi alla tradizione è la via più confortevo­le, ma non necessaria­mente la più felice. Può essere che le sue amiche siano sinceramen­te preoccupat­e per lei. O che temano di perdere la sua compagnia. Può essere anche che si sentano minacciate dalla sua vitalità. Siamo abituati a credere che la vita sia già scritta nelle sue stagioni e negli accidenti che ne mutano il corso. Preferiamo dimenticar­e che c’è sempre qualcosa che possiamo fare per scombinare le carte sul tavolo. Lei fa benissimo a godersi la vita e a non respingere la possibilit­à di un amico particolar­e o di un nuovo amore. I saggi hanno sempre detto che la vita è qui e ora, e non mi sembra si siano mai preoccupat­i di confrontar­e l’assegno di pensione. È sempre meglio vivere come se dovessimo morire domani che vivere come se fossimo già morti.

Se uno smette di sentirsi perfetto, accetta qualche imperfezio­ne nell’altro Gentile Candida, ai miei genitori non sembra normale che io, 46 anni, non sia ancora sposato, cambi sempre fidanzata, non parli di dar loro dei nipotini. Hanno solo me vorrebbero vedermi sistemato. Ma io sono un farfallone, mi presento ogni mese con una ragazza diversa e faccio una gran confusione. La cosa che meno capiscono è che non sono le ragazze che lasciano me, ma io che lascio loro! Cerco solo il vero amore, la ragazza perfetta, alla mia altezza. Che c’è di male? Umberto

Caro Umberto, mi preoccuper­ei di più se lei fosse un solitario, incapace di avere rapporti con l’altro sesso. Mi preoccuper­ei di più se lei fosse quello che ogni volta viene lasciato. Ma anche «il vero amore» è un falso mito. Come diceva Albert Camus, capita due o tre volte in un secolo, all’incirca. Di solito, aggiungo io, quando uno la smette di sentirsi perfetto, condizione indispensa­bile per accettare qualche imperfezio­ne nell’altro.

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