Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Giocatori baresi in serie A Dopo Cassano il vuoto
La soluzione: «Organizzarsi e rimboccarsi le maniche»
A qualche giorno dall’addio al calcio di Antonio Cassano, incombe il tempo dell’amarcord e del riavvolgimento del nastro. Soprattutto considerando che Fantantonio è stato l’ultimo, vero «canterano» biancorosso a spiccare il volo. Dopo di lui, poco. Pochissimo. Bellomo in A è stato più che altro una meteora. Galano, la massima serie al momento l’ha solo sfiorata. Castrovilli, per ora si destreggia bene, ma solo in B. Oltre a loro, qualche rara apparizione e promesse non mantenute. Gli Scalera, di cui si sono perse le tracce, e i Vogliacco, di cui si parla bene ma che ad oggi a Padova non hanno trovato spazio.
A ogni modo paiono distanti anni luce i tempi del grande vivaio. Non solo «Fantantonio», ma anche Ventola e Bigica, Amoruso e Tangorra, Terracenere e Carbone, Armenise, Loseto e Caricola. Un’involuzione che colpisce, vacche magre che fanno a pugni con la necessità (e la logica), in epoche di stenti e risorse effimere, di puntare con decisione sul «fai da te». Sull’energia verde capace di prendere terreno e farsi tesoro. «Il nostro era un vivaio di blasone – afferma Vincenzo Tavarilli, storico allenatore di Giovanissimi, Allievi e Primavera del Bari – nonostante investimenti molto inferiori rispetto a quelli, per esempio, dell’Atalanta. Oggi qualcosa è cambiato. Spesso non dipende solo dalle capacità dei tecnici, è anche un fatto generazionale, ti accorgi che viene meno lo spirito di sacrificio. Certo, la guida tecnica è importante. Noi, all’epoca, eravamo bravi a pescare nel settore giovanile del territorio barese».
Oggi Tavarilli è responsabile del centro federale di Noicattaro, referente pugliese per tutte le Nazionali dilettanti dal 2001 al 2004. Continua a scovare talenti, alla ricerca di medicine per guarire i mali del calcio italiano e pugliese. «I giovani devi saperli scegliere e poi gestire – conclude – Occorre girare, riconoscere le qualità e curarle, lavorando anche sugli aspetti fisici. Uno che poteva fare di più? Strambelli, straordinario sotto l’aspetto qualitativo, ma senza la forza nelle gambe di Cassaventura, no e Galano. Ha fatto meno di ciò che avrebbe potuto».
Per creare un nuovo vivaio, allora, serve strutturarsi e rimboccarsi le maniche. La speranza è che De Laurentiis abbia contezza del valore straordinario che i «baby» possono avere per diventare competitivi nel presente e soprattutto nel futuro. Ad oggi non c’è un settore giovanile solido, e tanti sono andati via, cercando fortuna altrove.
A livello nazionale, il «mago» per eccellenza del settore giovanile è stato Mino Favini. La sua esperienza ventennale nell’Atalanta ha partorito giocatori come Morfeo, Montolivo, Pazzini, Gabbiadini, Bona- Baselli, Zappacosta, Caldara, Conti, Gagliardini. E tantissimi altri che hanno reso quella bergamasca una società esemplare sul piano della lungimiranza e della valorizzazione dei ragazzi. «Cosa serve con loro? Pazienza soprattutto – spiega – io ero un fanatico dell’aspetto tecnico, che per un giovane è fondamentale. Curavamo il primo controllo, la visione di gioco, in ogni allenamento. Il Bari? Ha sempre avuto un buon settore giovanile, i risultati degli ultimi anni non dipendono dalla piazza, ma da chi opera».
E allora dagli «operatori» bisogna ripartire. Pensando con calma, gesso e vastità di
Vincenzo Tavarilli
I giovani devi saperli scegliere, riconoscerne le qualità e poi gestirli
Mino Favini
Prima di tutto ci vuole competenza, poi passione e tanto entusiasmo
Bei tempi
Distanti anni luce i tempi del grande vivaio con Ventola, Armenise, Loseto e Caricola
orizzonti. «Occorre che il nuovo presidente – conclude Favini – abbia buon occhio nella scelta delle persone. Queste hanno il campito delicato di completare i giovani. Ci vuole competenza, passione ed entusiasmo».