Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Arrestato l’uomo che guidò i killer a uccidere il boss e i due testimoni
In cella pure un complice. Le intercettazioni choc
Icarabinieri hanno arrestato due persone a Foggia nell’ambito dell’inchiesta sul quadruplice omicidio di San Marco in Lamis ad agosto 2017 nel quale oltre al boss Romito e al cognato, vennero uccisi 2 agricoltori innocenti.
«Noi stiamo uccidendo le persone innocenti per fare il piacere a questi bastardi». È lo stralcio di una conversazione tra esponenti della mafia garganica captata dai carabinieri durante le indagini per il quadruplice omicidio avvenuto a San Marco in Lamis il 9 agosto dello scorso anno in cui, oltre al boss Mario Luciano Romito e suo cognato Matteo De Palma veri obiettivi del commando, persero la vita proprio due agricoltori innocenti: erano i fratelli Luigi e Aurelio Luciani di 47 e 43 anni, eliminati senza pietà «solo perché involontariamente testimoni di quanto era casualmente accaduto dinanzi ai loro occhi». Dopo 14 mesi di indagine, due giorni fa i carabinieri, su disposizione della Dda di Bari, hanno arrestato Giovanni Caterino, 38 anni e Luigi Palena, di 48 entrambi di San Giovanni Rotondo, ritenuti vicini al clan Li Bergolis. Il primo è accusato di concorso nel quadruplice omicidio aggravato dal metodo e dalla finalità mafiose, detenzione e porto delle armi usate nella strage, mentre Palena risponde della detenzione di altre due armi che sarebbero state utilizzate per uccidere un altro esponente del clan rivale Romito. L’agguato sarebbe maturato nell’ambito della guerra tra i clan Romito e Li Bergolis per il controllo degli affari illegali nel territorio garganico. Dall’inchiesta è emerso che Caterino (nel febbraio 2018 ha subito un tentato di agguato) nei giorni precedenti alla strage aveva studiato le abitudini del boss Romito e lo aveva pedinato sino alla mattina dell’omicidio. Avrebbe condotto i killer sul luogo dell’omicidio al volante della sua auto seguito a breve distanza dall’auto dei sicari. Un’esecuzione messa a segno con «metodiche operative capregiudicato ratterizzate da inaudita quanto implacabile ferocia» scrive il gip Marco Galesi nel provvedimento cautelare che rimarca la gravità dell’omicidio dei due agricoltori incensurati e «l’esplosione di colpi devastanti al capo di Romito ad omicidio avvenuto, volti a mostrare platealmente la ferocia e la forza del gruppo di fuoco, sì da intimorire la popolazione del luogo». Il gip sottolinea ancora le «modalità plateali di realizzazione dell’episodio delittuoso portato a termine in maniera allarmante ed eclatante da parte di un commando composto da almeno 3 persone che hanno utilizzato armi da fuoco dalla notevole potenzialità offensiva». Sono stati utilizzati un kalashnikov e un fucile calibro 12. I due agricoltori innocenti tentarono di fuggire a piedi perché avevano capito di essere in pericolo, ma furono raggiunti e assassinati.
Dalle carte dell’inchiesta emerge inoltre la paura di Caterino di essere oggetto di indagine e a queste preoccupazioni ha fatto seguito «un bre- ve periodo di latitanza durante il quale allo scopo di sottrarsi all’arresto - è scritto nel provvedimento cautelare Caterino ha fatto perdere le sue tracce per alcuni giorni recandosi nel nord Italia per alcuni giorni e facendo rientro a Manfredonia proprio la sera del 23 dicembre, ossia al termine del giorno che riteneva essere la data limite oltre la quale si sentiva sicuro di poter trascorrere in tranquillità le festività natalizie».
Agli atti dell’indagine ci sono anche le dichiarazioni del A sinistra i carabinieri sul luogo della strage. In alto il procuratore Volpe con la pm Pugliese della Dna e il comandante dei carabinieri Aprilio
L’agguato
Morirono quattro persone, tra cui i due agricoltori trovatisi casualmente sul posto