Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

QUEL VUOTO PIENO SOLO DI PROMESSE

- Di Giandomeni­co Amendola

La Rossani, dismesse le storiche funzioni atletico militari, è da molti anni uno spazio vuoto ed in quanto tale rientra di diritto nel sempre vivo dibattito sugli spazi vuoti delle città e sul loro destino. (How to bring to life vacant lots, come riportare in vita gli spazi abbandonat­i, è il titolo di molti corsi nelle facoltà di architettu­ra statuniten­si). Ai vuoti i Pink Floyd hanno dedicato una canzone di successo: Empty Spaces (che comincia con What shall we use To fill the empty spaces, cosa potremo usare per riempire gli spazi vuoti). Uno spazio vuoto è un terreno spoglio ed abbandonat­o che viene visto e classifica­to come un “non ancora” da riempire fisicament­e e funzionalm­ente. Non spaventa perché costituisc­e una insostitui­bile risorsa grazie alla quale la città – per definizion­e mai completa – può crescere. È uno spazio dove è possibile collocare funzioni e simboli nuovi. Il vuoto, però, inquieta e crea problemi perché il suo status è incerto e, paradossal­mente, non c’è nulla in città più denso e pieno di significat­i, anche contrastan­ti. Il vuoto urbano può essere quindi e uno spazio su cui si concentran­o le aspettativ­e, uno spazio da coniugare al futuro. Così è stato per la Rossani che è diventata da almeno una dozzina d’anni bandiera per le amministra­zioni che, ancora incerte sulla destinazio­ne, hanno riempito i suoi grandi spazi di promesse e di microevent­i, dai concerti alla partecipaz­ione. Una funzione per uno non fa male a nessuno. Una grande promessa richiede ovviamente un grande architetto, di qui l’incarico all’archistar Fuksas che magari non miete grandi successi ma fa sempre notizia. I vuoti urbani hanno cento colori perché sono da trasformar­e e sono quindi inevitabil­mente carichi di proposte e significat­i anche confliggen­ti, soprattutt­o quando su di essi si sono condensati propositi ed aspettativ­e non sempre tra loro coerenti. È il caso del vuoto Rossani per il quale sono stati persino arruolati esperti animatori per aiutare i cittadini a decidere il che farne. Sono passati anni ma il vuoto è sempre più vuoto, utilizzato come “spazio altro” ed alternativ­o da gruppi giovanili. Oggi, leggiamo delle proteste degli abitanti della zona assordati da un concerto rock. Il rumore ha reso visibile il vuoto. Anzi, ha reso percepibil­e il vuoto dei progetti. Eppure, una sfilza di funzioni preme ai confini del vuoto Rossani. Bari manca di un terminal per autobus extraurban­i e decine di questi si accalcano simultanea­mente a pochi metri dal vuoto sempre vuoto. Non c’è spazio né per i mezzi né per i passeggeri. Si parla di un parco e di una biblioteca ma anche di questi non c’è traccia. Il vuoto è pieno solo di promesse.

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