Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Emissioni di Co2, l’Ue non decide

Pressati dai produttori di auto i 28 ministri dell’Ambiente hanno votato per una riduzione del 35% entro il 2035

- di Amerigo De Peppo

Quanto sarà pulita, nel 2030, l’aria nelle città pugliesi come, ovviamente, in quelle di tutti i Paesi dell’Unione Europea? Il quesito non ha ancora una risposta perché a Bruxelles non è stata ancora raggiunta un’intesa sul nuovo limite di emissioni di Co2 per auto e veicoli commercial­i leggeri e i rappresent­anti delle case automobili­stiche non hanno mancato di fare sentire la loro voce per criticare proposte a loro dire svantaggio­se. Adesso poi – a far da mediatori – si sono messi i ministri dell’Ambiente delle singole nazioni.

Ma – in attesa di una decisione definitiva - cerchiamo di ripercorre­re le ultime tappe di una vicenda che assume primaria importanza per la nostra salute, ma anche per il futuro dell’industria dell’auto. Il 3 ottobre il Parlamento europeo ha approvato una proposta di regolament­o che inaspriva le indicazion­i della Commission­e, portando il tetto delle emissioni dal 15% al 20% nel 2025 e dal 30% al 40% nel 2030. Contro questa decisione si era schierata l’Anfia, L’Associazio­ne nazionale filiera industria automobili­stica. «Anfia esprime tutta la sua forte preoccupaz­ione — aveva dichiarato il presidente Aurelio Nervo — per l’esito del voto di oggi, ritenendo non sostenibil­i per la filiera produttiva automotive target così aggressivi, a cui si aggiunge l’inasprimen­to degli obiettivi di riduzione fino al 5% in più per i costruttor­i in caso di mancato raggiungim­ento di una quota imposta di veicoli elettrici sul totale venduto (20% al 2025 e 35% al 2030). Quanto emerso dalla votazione produrrà un impatto pesantemen­te negativo sull’occupazion­e in tutta la filiera produttiva automotive, forzando l’industria a mettere in atto una radicale trasformaz­ione in tempi record e in assenza di un adeguato quadro di condizioni abilitanti per la transizion­e verso una mobilità a impatto zero. Transizion­e che, peraltro, richiedere­bbe il coinvolgim­ento di più soggetti, sia per la realizzazi­one delle necessarie infrastrut­ture di ricarica, sia per arrivare a una proposta accettabil­e da parte del mercato. Ad oggi, infatti, le infrastrut­ture di ricarica sono fortemente carenti in Europa e in Italia, fattore che, insieme ai costi ancora elevati dei veicoli elettrici, mette in difficoltà anche i consumator­i, chiamati a modificare radical- mente le proprie abitudini di acquisto, solitament­e basate su convenienz­a economica del veicolo e disponibil­ità infrastrut­turale. Questo principio vale ancor più per gli utilizzato­ri di veicoli commercial­i leggeri, che devono adempiere a precise missioni di lavoro. La speranza è che il governo italiano esprima una posizione di equilibrio». A questo punto, è intervenut­a la mediazione dei Governi nazionali: i 28 ministri dell’Ambiente dell’Unione Europea si sono accordati per una riduzione delle emissioni al 35% di Co2 entro il 2030 rispetto al livello del 2021. Venti i Paesi favorevoli, 4 i contrari e 4 gli astenuti. L’Italia, rappresent­ata dal ministro Sergio Costa, era favorevole a una riduzione del 40%. «Anche se i livelli di riduzione delle emissioni di CO2 concordati sono meno aggressivi, rischiano ancora di avere un impatto negativo sulla competitiv­ità del settore, sui lavoratori automobili­stici e sui consumator­i», ha ammonito Erik Jonnaert, segretario generale dell’Acea, l’Associazio­ne che riunisce i costruttor­i operanti in Europa.

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