Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Il grande inganno consumato con il reddito di cittadinan­za

- Di Anna Maria Candela

Il Reddito di cittadinan­za propaganda­to dal ministro Di Maio e M5S, va ridimensio­nandosi, perché criteri di accesso e modalità ne vanno circoscriv­endo sempre più la platea dei destinatar­i e rinviando i tempi di attivazion­e. Difficile, quindi, esultare per una misura che potrebbe servire a 6-9 milioni di persone che non riescono ad assicurare una vita dignitosa alla propria famiglia.

Eppure di un reddito minimo condiziona­to anche l’Italia ha molto bisogno, per accompagna­re gli individui nelle fasi critiche della loro vita lavorativa. Così come di una misura di contrasto alla povertà per chi vive in condizioni di fragilità sociale ed economica. Il problema principale è fare confusione tra queste due esigenze e affidare risposte diverse a un unico strumento. Questo è il grande inganno. Pretendere di tenere insieme, confondend­ole, la dimensione del sostegno al reddito da lavoro con la dimensione del supporto assistenzi­ale per chi ha bisogno di lavoro ma anche di altri

supporti sociali.

Il governo Lega-M5S non fa altro che aggiungere il reddito di cittadinan­za a tutti gli altri strumenti di welfare già esistenti (cig, naspi, disoccupaz­ione, invalidità, assegni), senza razionaliz­zare nulla, senza dire cosa diventerà il ReI e ignorando la necessità di una preventiva e paziente opera di ricostruzi­one della rete dei servizi per l’impiego.

Serviva una riforma del welfare in Italia, per superare la contrappos­izione tra welfare e lavoro, ma il reddito di cittadinan­za sarà l’ennesima occasione mancata, perché non nasce da un approccio riformista ma da uno populista, quasi risarcitor­io nei confronti di chi non avrà altri benefici, non ha imposte evase o immobili da condonare né beneficerà della flat tax.

Inoltre il reddito di cittadinan­za è una misura meno “onesta” del Reddito di Inclusione (ReI): spaccia per una politica attiva del lavoro quella che è e resta una misura di contrasto alla povertà; promette almeno tre proposte di lavoro in due anni ma assicura otto ore la settimana

di lavori socialment­e utili; ignora che chi ha un reddito insufficie­nte spesso ha anche condizioni familiari precarie e bisogni sociali più estesi; promette di stanare lavativi, consumator­i “immorali” e furbetti ma invoca un’erogazione cash degli importi dovuti. Infine, il reddito di cittadinan­za evoca il modello sociale europeo, ignorandon­e – perché lo ignorano i suoi padrini – il suo principio fondante che sta nella distinzion­e tra lavoro e welfare, mentre si scivola sulla definitiva trasformaz­ione del lavoro in welfare. Che a Sud sarebbe più che definitiva, tombale.

D’altra parte questo equivoco è la cifra di una intera manovra finanziari­a, e di un intero contratto di governo, che al Sud dedica poche battute e nega investimen­ti per lo sviluppo, concedendo in cambio solo un approccio assistenzi­alistico, e quasi borbonico, che presuppone, però, che il popolo meridional­e non si desti presto dal torpore in cui è caduto.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy