Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
NEI RICETTACOLI DEI DISPERATI
Scorrono in un moto perpetuo le porte girevoli dell’Hotel Disperazione. Sono le porte dell’inferno, l’immenso albergo diffuso attraverso le cui porte ogni giorno decine di migliaia di vite passano in un cammino sempre più simile ad un tritacarne di umanità. Si entra da una porta a San Lorenzo a Roma e se ne esce vittima di un delitto orrendo, o assassino che si ritrova nel tornello di Borgo Mezzanone, Puglia, tra le cui baracche ieri sera si è scatenato un terribile rogo che ha causato non pochi feriti. Sono gli inferni quotidiani in cui vivono gli ultimi, italiani e stranieri. Immigrati e autoctoni, schizzi di esseri nel vortice di un mondo incapace di fermarsi ad aspettarli. San Lorenzo e Borgo Mezzanone sono depositi di scorie umane come i ghetti sparpagliati in tutta Italia. Di fronte a loro, l’impotenza assoluta di chi dovrebbe fare qualcosa. E non la fa. Perché non si ha il coraggio di ammettere la sconfitta del Paese.
Guardiamo alle stanze infernali dei nostri hotel, in Puglia. Ghetti nelle campagne, quartieri degradati oltre il sopportabile, disperazione e solitudini che deflagrano in un silenzio sempre più spesso, l’eroina e le altre droghe che si riprendono un terreno che in realtà non avevano mai perso. Le vittime entrano in questi luoghi dell’orrore per cercare gli stupefacenti o per cercare un lavoro, uno qualunque. Si ritrovano macellate come bestie sacrificali da un branco impazzito o da caporali ancor più animali, che li piegano ad una condizione di schiavismo intollerabile. Dove va a rifugiarsi un sospettato di un delitto orribile? Fra chi vive una vita orribile, a Borgo Mezzanone, in un non luogo in cui le vite valgono meno di zero, uno schiavo o un giovane drogato si equivalgono agli occhi di chi ci vive sopra. Perché dimentichiamo sempre quel piccolo insignificante dettaglio, nel nostro gran discutere indignato: quei ghetti, quei quartieri dello spaccio, quel degrado di interi pezzi delle nostre città servono, producono utili, fatturano quanto una multinazionale. Quei ruderi sono preziosi, quei campi di pomodoro rendono più di un capannone industriale. La droga cammina nelle vene della nostra economia, ma facciamo finta di niente. Cosa ci vorrebbe per abbattere quei luoghi? Niente. Ma bisognerebbe avere un piano per ospitare quell’oceano di disperazione umana. Ricostruire. Comprendere che l’accoglienza è integrare e costruire prospettive di vita possibili per tutti. Anche questo, teoricamente, non è difficile. Ma non conviene a nessuno, a quanto pare.