Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
«La Lupa», Silvis narra la mafia foggiana
«La Lupa» è la quinta opera di narrazione di Piernicola Silvis, scrittore ed ex questore di Foggia Il racconto della quarta mafia, dei suoi feroci affiliati, viene irrobustito dal suo passato di poliziotto
Scossoni su scossoni, terremoto emotivo. Dopo aver letto le 479 pagine del romanzo La Lupa di Piernicola Silvis, edito da Sem, c’è la necessità di metabolizzare la complessità e la forza delle cosche mafiose foggiane e della Quarta Mafia, gli ammazzamenti feroci di ragazzi, ragazze, uomini, animali, il sangue, le esecuzioni riprese da telecamera, le perversioni sessuali mixate con i fanatismi religiosi, le candele accese in spazi bui, le assurde preghiere davanti al Crocifisso, le connivenze politiche con la criminalità, il difficilissimo lavoro delle forze dell’ordine.
L’autore, ex questore della Polizia di Stato, sulla scia del suo precedente testo di successo Formicae, ripropone la lotta senza esclusione di colpi tra l’ispettore del Servizio Centrale Operativo Renzo Bruni e il serial-killer di bambini Dario Pastore, ossia «Zio Teddy», destinato a diventare il Padrino, il Capo del clan e poi Capo assoluto della «Nuova Società Foggiana» e del «Consiglio delle Croci».
Realtà e fiction si fondono, rendendo verosimile anche l’inverosimile. E, dopo lo «stordimento», il lettore resetta e vede chiarissimo, entrando nei tanti personaggi e nelle tante situazioni. Eppure niente è semplice nel romanzo di Silvis, a cominciare dalla personalità di Sonia Di Gennaro, cinquantatré anni, di origine barese, la spietata donna di potere, la «Lupa», dove «Lupa» non è un nomignolo da niente. Anzi nasce da un coacervo di esperienze, dallo stupro al porno più spinto.
Ecco, fra tanto sangue, fra tanta ferocia, fra tanto tanto squallore, una inaspettata sofferenza è tra le coordinate portanti della storia. Materia per i seguaci di Freud perché in Sonia, la «Lupa», e in Dario, il cervello è andato in frantumi per traumi grossi quanto un grattacielo. E l’epilogo lo dimostra, quando, più che un colpo di arma da fuoco a fermare Dario, «Zio Teddy», il depravato torturatore e uccisore di bambini, il Capo assoluto, è Adriana Barbaro, specializzata in psichiatria. Disarmata, con una «negoziazione» incalzante, la sensibile e coraggiosa Adriana, riesce a fare emergere quel poco di «buono» rimasto nel mostro assediato dalle formiche. Che si arrende, quasi docile.
Insomma, la delinquenza, almeno nella fiction, con ruoli forti dati alle donne, ha brandelli di umanità. Quella umanità che compare, seppure diversa, anche nei personaggi positivi, nello stesso Bruni, alle prese con una vita stressante, con la crisi familiare e con gli amori mordi e fuggi. In altre parole, i criminali e gli eroi di Silvis non sono mai del tutto criminali e mai del tutto eroi. Atipica e forse futuristica è la figura di Cosimo, fatto laureare dalla «Lupa» a Milano (Marketing Management, Organizzazione e Personale, massimo dei voti), con l’obiettivo di dare una svolta econo- mica professionale al clan.
«La Lupa», in molti passaggi, è un atto di accusa (Silvis ha conoscenza e pratica per farlo) contro politici che non sanno niente della Mafia Foggiana e la confondono con la Sacra Corona Unita del Salento, contro il Sistema che tira a campare, spesso per interessi elettorali, e contro certa stampa per la quale i morti ammazzati dalla Mafia nel Foggiano non fanno notizia, sono di serie B.
Annotazione a margine: il romanzo - non sempre capita nei thriller - brilla per scrittura mai barocca, ma secca ed essenziale, e per i dialoghi che hanno ritmo e linguaggio aderenti ai personaggi, con uso del vernacolo e spesso di originali brani rap.
Donna di potere
La «Lupa» è una spietata donna di potere, e il nomignolo non è dato a caso
Eroi e criminali
I criminali e gli eroi di Silvis non sono mai del tutto criminali e mai del tutto eroi