Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Il progetto «comunista» di San Leucio la città-utopia voluta da Ferdinando IV
Il programma del re Borbone che ipotizzò l’eguaglianza e creò la prima manifattura della seta
La realizzazione dell’Unità d’Italia, processo che la Storia reclamava con forza, costò al Borbone la totale perdita del Regno delle Due Sicilie. Essere cancellati è il prezzo pesantissimo che i vincitori, in questo caso i Savoia, impongono agli sconfitti.
Alla cacciata si è aggiunto, per quasi un secolo, il dileggio di tutto quanto riguardava quella realtà che pure con la sua capitale, Napoli, si era vista riconoscere a livello europeo un ruolo non secondario, anche sul piano culturale. Ma le cronache savoiarde, all’indomani dell’Unità, si ostinavano a parlarne come qualcosa di arretrato da irridere, ritenendo di poterla estromettere per sempre dalle pagine della Storia. Un accanimento che si tradusse nella demolizione, materiale e morale, di tutto quel che era stato. Ci si spinse sino a sbaraccare un’esperienza che avrebbe meritato attenzione, rispetto e sostegno anche nell’interesse degli stessi vincitori: il progetto cosiddetto “comunista” di San Leucio, un’area non lontana da Caserta.
Nel 1776, per andare incontro ai bisogni dei pochi abitanti, era stata creata la prima manifattura dei veli di seta. Successivamente vennero installati dei filatoi che utilizzavano l’acquedotto costruito per la reggia. Ebbe così inizio la creazione di una microsocietà che si identificava nella pratica dell’eguaglianza, secondo il progetto voluto e coltivato da Ferdinando IV che si sforzava di guardare alle più illuminate teorie economiche e sociali del suo tempo, anche se poco praticate. L’atto giuridico per la nascita del complesso di San Leucio fu varato nel 1789, mentre in Francia esplodeva la Rivoluzione che avrebbe stravolto l’Europa.
Alcuni aspetti, i più significativi, delle norme emanate per conferire valenza giuridica al progetto:
«Il solo merito distingue fra loro gli abitanti di San Leucio; perfetta eguaglianza nel vestire; assoluto divieto di lusso.
I matrimoni saranno celebrati in una festa religiosa e civile. La scelta sarà libera dei giovani, né potranno contraddirla i genitori. Ed essendo spirito e anima della società di
San Leucio l’eguaglianza, sono abolite le doti. Io, re, darò la casa con gli arredi dell’arte e gli aiuti necessari alla nuova famiglia.
Voglio e comando che tra voi non siano testamenti. La sola giustizia naturale guidi le vostre correlazioni. I figli maschi e femmine succedano per parti uguali ai genitori, i genitori ai figli. Se mancheranno eredi, andranno i beni del defunto al Monte e alla cassa degli orfani. Le esequie semplici, devote, senza alcuna distinzione saran fatte dal parroco a spese della casa.
Tutti i fanciulli, tutte le fanciulle impareranno alle scuole normali il leggere, lo scrivere, il far di conti. I magistrati del popolo risponderanno dell’adempimento.
I quali magistrati, detti Seniori, verranno eletti in solenne adunanza civile dei capi di famiglia, per voto segreto e maggioranza di voti.
Nei giorni festivi, dopo santificata la festa e presentato il lavoro della settimana, gli addetti all’armi andranno agli esercizi militari perciocché il vostro primo dovere è verso la patria: voi col sangue e con le opere dovrete difenderla e onorarla».
Se guardiamo ad oltre due secoli fa, si dovrà convenire che le norme varate da Ferdinando IV hanno diverse cose che non appartengono a quel tempo e, sul piano culturale, forse neppure ai giorni nostri. Sicuramente hanno un qualcosa di rivoluzionario che spiegano come i Savoia, succeduti al Borbone, vollero smantellare quella che appariva come una “pericolosa” esperienza che mal si conciliava col potere assoluto dell’aristocrazia, lontana dall’intendere che stesse ormai vivendo i suoi ultimi momenti.
La fine di un sogno Con l’Unità d’Italia si sbaraccò un’esperienza che avrebbe meritato più attenzione
Sovrano «illuminato» Le norme varate dal re hanno cose che non appartengono a quel tempo e neppure ai giorni nostri