Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
I piani di Arcelor per Ilva Senza decarbonizzazione
L’insegna Ilva smontata dal palazzo della direzione è il primo simbolo del cambiamento. Al suo posto è stata inserita quella di ArcelorMittal. Ma il percorso per rendere sostenibile la produzione dell’acciaieria più grande d’Europa è ancora lungo. Matthieu Jehl, amministratore delegato di ArcelorMittal Italia, parla di recupero di competitività con iniziative sostenibili e investimenti da 2,4 miliardi fino al 2023: «La sostenibilità ora è rappresentata dal carbone, ma ci impegniamo a ridurre le emissioni di C02 del 15%».
L’insegna Ilva smontata dal palazzo della direzione è il primo simbolo del cambiamento. Al suo posto è stata inserita quella di ArcelorMittal: un marchio che richiama la storia di una multinazionale da 97 milioni di tonnellate di acciaio prodotto con una presenza in 60 Paesi e 197 mila occupati. Ma il percorso per rendere sostenibile la produzione dell’acciaieria più grande d’Europa è ancora lungo. Forse più di quanto si possa immaginare. Il quartiere Tamburi, con gli oltre 10 mila abitanti, è sempre lì a pochi metri dai parchi minerari e non molto distante dagli altiforni. «Lo stabilimento di Taranto — ha detto Matthieu Jehl, amministratore delegato di ArcelorMittal Italia, incontrando la stampa — ha potenzialità elevatissime. Abbiamo trovato impianti di alto livello, ma la gestione ha portato negli ultimi tempi una perdita di 20-25 milioni al mese. Così non si può pensare di andare avanti». Jehl, che per anni è stato alla guida dello stabilimento quasi “gemello” di Gand, ha un obiettivo: «Entro il 2023 dobbiamo essere in grado di produrre acciaio con la stessa competitività del nostro impianto in Belgio».
Ma per fare questo ArcelorMittal non usa mezzi termini e chiude la porta alle aspettative del governatore Michele Emiliano fautore della tanto sbandierata decarbonizzazione dell’Ilva. Secondo il management i numeri attualmente non premiano l’utilizzo di combustibili alternativi. Per creare valore l’azienda deve diventare «sostenibilmente profittevole». «Recupereremo competitività — ha aggiunto Jehl — seguendo la via delle migliori esperienze di gruppo. La sostenibilità ora è rappresentata dal carbone, ma ci impegniamo come previsto a ridurre le emissioni di C02 del 15% per tonnellata di acciaio liquido prodotto rispetto agli standard del 2017 grazie all’utilizzo delle migliori tecniche disponibili». In sostanza, l’Afo 5 spento e in attesa di ristrutturazione (il cosiddetto revamping) continuerà a essere alimentato dal carbone per portare i livelli produttivi dagli attuali 4,5 milioni di tonnellate annue ai 6 milioni del 2023.
Sul piatto, per fondare la nuova Ilva, la multinazionale investirà 2,4 miliardi, di cui 1,25 miliardi nelle misure industriali e 1,15 miliardi in quelle ambientali. «Quest’ultimo — ha sostenuto Jehl — è il piano più ambizioso di sempre; è la garanzia dei buoni rapporti con la comunità locale. Vogliamo rilanciare la reputazione dello stabilimento e puntiamo alla trasparenza». Nel piano consegnato alla stampa spunta un assegno annuale di un milione per attività dedicate alla comunità di Taranto. Attività ancora da individuare.
Ma come l’ex Ilva potrà abbattere i livelli di emissioni nei cieli di Taranto? Il primo passo sarà la conclusione dei lavori da 300 milioni per la copertura dei parchi minerari (prima tranche entro dicembre 2019, conclusione entro l’estate del 2020) più 128 per la riduzione di emissioni diffuse. Altri 290 milioni saranno destinati alla riduzione dei quelle canalizzate (cokerie), mentre 172 milioni saranno investiti nelle bonifiche e 167 milioni nel trattamento delle acque piovane e di processo. Infine, 40 milioni sono destinati all’aggiornamento del piano di prevenzione incendi. Per quanto riguarda l’aspetto industriale, invece, è prevista tra l’altro la ristrutturazione dell’Afo 5 (260 milioni), l’ammodernamento meccanico e l’automatizzazione degli impianti di finitura (250 milioni), i cilindri (120 milioni), le manutenzioni di hsm, laminatoio, ricottura e crm (100 milioni). Sarà attivato un centro di ricerca con una spesa di 10 milioni e il coinvolgimento di 20 unità nel mondo accademico.
La prima decisione del management, ovvero la selezione del personale da collocare in cassa integrazione a zero ore (2.500 unità) ha già creato malumori tra gli esclusi. «Siamo convinti — ha concluso il numero uno di ArcelorMittal Italia — di aver rispettato tutti i criteri selettivi contenuti nell’accordo del 6 settembre scorso. Se ci sono anomalie, parleremo con i partner, con i sindacati e i lavoratori, per trovare una soluzione». Sull’argomento è intervenuta anche la Regione con una nota degli assessori Mino Borraccino (Sviluppo Economico) e Sebastiano Leo (Lavoro): «Sui corsi di formazione retribuiti per i lavoratori in cassa integrazione a zero ore la giunta regionale sta esaminando attentamente la richiesta da parte dei sindacati. Il nostro impegno sarà massimo».
ArcelorMittal, per creare il distacco con il passato, ha scelto lo slogan della ripartenza: «L’acciaio da oggi è più brillante». E l’oggi per i tarantini deve ancora arrivare.
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Matthieu Jehl
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