Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
L’OMBRA DELL’ILVA SERVA DA LEZIONE
Il proposito di viaggiare spediti con gli interventi di ambientalizzazione, come testimoniato dall’accelerazione impressa nei lavori di copertura dei parchi minerali. L’apertura pressoché nulla a riconvertire la produzione dal carbone al gas, spegnendo sul nascere gli echi di battaglie che hanno avuto per capofila il governatore Michele Emiliano. Sono stati contrastanti i segnali pervenuti da ArcelorMittal, nella sua prima settimana di insediamento effettivo al timone degli altiforni più chiacchierati d’Europa. E sono state flebili le reazioni della politica che del presente e del futuro del Siderurgico ha fatto, da destra a sinistra, dai populisti ai moderati, un cardine delle sue recenti campagne elettorali.
Dopo la chiusura a settembre dell’accordo con i sindacati, sulla (ex) vertenza Taranto è calato il sipario. Un ammorbidimento forse fisiologico, dopo un lungo periodo di ostilità: i sequestri della magistratura frapposti ai decreti del governo, gli angeli dell’ambiente nemici di quei diavoli degli operai. E poi i ricorsi minacciati e ritirati, i sospetti sull’acquisizione. Uno stillicidio. Logico, perciò, che a partita terminata si registrasse un calo di tensione. Adesso, però, sarebbe bene che su ArcelorMittal le istituzioni iniziassero a giocare una seconda partita. Quella faticosa, ma necessaria, dei controlli. Chi ha memoria, ricorda che ai tempi dello sbarco di Emilio Riva a Taranto l’ubriacatura della privatizzazione fece saltare ogni tappo. I coefficienti di produzione salirono, i livelli di occupazione interna e dell’indotto scesero. I profitti crebbero proporzionalmente ai tarantini che si ammalarono. Gli impianti sputa-veleno non vennero aggiornati con la tecnologia sufficiente per tutelare lavoratori e cittadini dai reiterati agguati alla salute. L’abbassamento della guardia ingenerò in parte la storia scoperchiata dall’inchiesta Ambiente Svenduto. La fine di Ilva e di un’epoca.
Per la serie prevenire è meglio che curare, sarebbe opportuno non replicare le omissioni di un così poco onorevole passato. E tenere la marcatura stretta su ArcelorMittal, nonostante la statura aziendale e la sensibilità comunicativa del colosso mondiale dell’acciaio lascino immaginare un rapporto trasparente con il territorio. Il governo, tuttavia, mantenga l’impegno alla verifica sul campo strombazzato dal ministro Luigi Di Maio. Il presidente della Regione, pure attraverso lo strumento dell’Arpa, non rinunci a una crociata credibile per l’ambiente che, altrimenti, rischia di trasformarsi tra i peggiori dei suoi boomerang. E Rinaldo Melucci, se mai tornerà a svolgere la sua funzione di sindaco, faccia sentire il fiato della città sul collo dei nuovi proprietari. Ne ha bisogno Taranto, per non ripiombare nel buio esistenziale (e di classe dirigente) degli ultimi venticinque anni.