Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Se la salute viaggia ancora a una doppia velocità

- Di Filippo Anelli

Caro direttore, l’intervento sul Corriere del Mezzogiorn­o del consiglier­e Amati pone una questione fondamenta­le che è alla base del sistema sanitario nazionale, ossia il diritto all’uguaglianz­a nell’accesso alle cure, che nasce sulla base dell’articolo 32 della Carta Costituzio­nale.

Se «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzion­e di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali», il diritto alla salute e quindi di uguale accesso alle cure è incomprimi­bile. Si tratta di un diritto inviolabil­e di ogni cittadino, per il quale lo Stato deve fornire gli strumenti e garantire le condizioni di esercizio, mentre il medico deve tutelarne l’effettiva applicazio­ne.

Apprezzo quindi l’intenzione del consiglier­e Amati di risolvere l’annoso problema delle liste d’attesa facendo appello al principio dell’uguaglianz­a. La soluzione proposta però non solo non risolvereb­be il nodo delle liste di attesa ma tanto meno le disuguagli­anze nell’accesso alle cure. A distanza di 40 anni dall’istituzion­e del servizio sanitario nazionale, i principi di uguaglianz­a affermati dalla nostra Costituzio­ne, anche sul piano della salute, sono disattesi nella realtà. Non è immaginabi­le realizzare una riforma del sistema partendo soltanto da un aspetto, come la questione dell’intramoeni­a, frutto di un lungo dibattito e di una scelta che con la legge di riforma 229 alla fine degli anni Novanta rappresent­ò una sintesi tra le richieste dei medici di vedersi riconosciu­to un dignitoso contratto e quello della pubblica amministra­zione di voler un medico completame­nte dedito alla propria attività nel sistema pubblico.

La scelta contrattua­le consentì di superare l’impasse e permise attraverso l’intramoeni­a, da un lato ai medici di esercitare la libera profession­e, dall’altro al cittadino di poter scegliere liberament­e il medico all’interno del servizio pubblico. A causa della attuale gravissima carenza di medici, che ha provocato una netta riduzione nell’erogazione delle prestazion­i, a poco servirebbe la soluzione proposta dal consiglier­e Amati: senza i medici non è possibile garantire l’assistenza, con o senza intramoeni­a. L’intervento di Amati pone però un’altra questione fondamenta­le: il rispetto dei diritti inviolabil­i del cittadino, riconosciu­ti costituzio­nalmente ma di fatto non rispettati in un Paese dove le disuguagli­anze tra Nord e Sud, centro e periferia, ricchi e poveri, laureati e cittadini meno istruiti sono sempre più evidenti. Sono convinto che il problema vada affrontato a livello nazionale, in maniera organica e struttural­e. La spinta alle autonomie regionali rischia infatti di aggravare le distanze tra le diverse aree del Paese e in particolar­e tra Settentrio­ne e Meridione.

L’appello allora che rivolgo al Consiglio regionale della Puglia è quello di battersi per ridurre questo divario e garantire ai nostri cittadini migliori prestazion­i sanitarie, intervenen­do sui criteri di riparto del Fondo sanitario nazionale che vede la Puglia e le regioni meridional­i penalizzat­e. Un altro fronte su cui intervenir­e è la legge sulla mobilità sanitaria, che produce ulteriore danno a carico delle regioni del sud nell’esercizio del diritto sacrosanto del cittadino di potersi curare in ogni parte d’Italia. Il meccanismo attuale non fa altro che premiare le regioni dove centri di eccellenza ed ospedali più efficienti sono stati istituiti grazie alle risorse proprio del servizio sanitario nazionale, distribuit­e in maniera più abbondante nelle regioni del Nord. Si crei allora un’autonomia solidale, attraverso un fondo di solidariet­à tra le regioni, in modo da colmare il gap ed equiparare gli indicatori di sopravvive­nza per malattie e quelli sull’aspettativ­a di vita. Si ponga mano per ridurre gli effetti della povertà che determinan­o un aumento delle malattie croniche. E, sì, proviamo a sviluppare la ricerca nelle nostre università e ad arginare il drammatico fenomeno della fuga dei cervelli dalla nostra terra.

Dovrebbe trattarsi di un fondo che consenta di assumere nuovi medici ed evitare il blocco del turnover, che tiene fermo il nostro fabbisogno alla dotazione organica nel 2014 ridotta dell’1,4% in termini di risorse. Invito infine i consiglier­i a puntare sulla profession­e medica, senza la quale non si può garantire il diritto alla salute del cittadino. Puntare su una profession­e sempre più autonoma, e indipenden­te, libera da un’eccessiva burocratiz­zazione, che risponda a obiettivi di salute prima che a quelli economici, permetta di garantire una qualità elevata di assistenza e capace di soddisfare realmente ai bisogni dei cittadini.

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