Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

PER LA SVIMEZ IL «RISCHIO GELATA» C’È E LA SOCIETÀ MERIDIONAL­E È LA PIÙ ESPOSTA

- di Claudio De Vincenti

Fondamenta­lmente, il Rapporto Svimez 2018, presentato giovedì scorso alla Camera dei Deputati, dice che, se la frenata economica ormai in atto non troverà risposta in adeguate politiche per la crescita, l’economia del Mezzogiorn­o — che pure ha rialzato la testa e si è rimessa in cammino a partire dal 2015 — difficilme­nte potrà farcela. E le ferite della società meridional­e, segnata nel profondo dalla lunga crisi 2008-13, altrettant­o difficilme­nte potranno rimarginar­si.

Quest’anno una parte ampia del Rapporto è dedicata proprio alla situazione sociale e alla capacità delle pubbliche amministra­zioni di dare risposta ai bisogni dei cittadini. Dalla questione della povertà e degli strumenti per fronteggia­rla — Reddito di inclusione e l’annunciato Reddito di cittadinan­za — al peso dell’illegalità e alle sue conseguenz­e. E soprattutt­o le condizioni critiche in cui versano i principali servizi pubblici, che portano la Svimez a parlare di «cittadinan­za limitata» al Sud. Prima di tutto un paio di misure aggregate (dati 2016): la spesa pubblica corrente pro-capite nel Mezzogiorn­o risulta di un sesto più bassa che al CentroNord, un dato che sfata il luogo comune di una spesa gonfiata al Sud.

Viceversa, la spesa in conto capitale pro-capite è un po’ più alta nel Meridione, un dato questo che dovrebbe essere la norma se si vuole recuperare il divario infrastrut­turale, anzi la spesa per investimen­ti pubblici dovrebbe essere consistent­emente maggiore (qui come sappiamo gioca il fatto che i fondi di coesione nazionali ed europei in parte compensano la minor spesa ordinaria invece di essere interament­e aggiuntivi).

La più bassa spesa corrente non è dovuta a una minore dotazione di personale pubblico, che risulta sostanzial­mente in linea con la media nazionale, seppur diminuita negli ultimi anni sia al Sud che al CentroNord. La notevole differenza tra le due aree del Paese nelle condizioni in cui versano i servizi pubblici va quindi ricondotta a un divario di efficienza organizzat­iva delle pubbliche amministra­zioni e a una loro minor capacità di spesa in beni e servizi diversi dal personale. La conferma viene dal fatto che le distanze nella spesa corrente riguardano principalm­ente edilizia abitativa e urbanistic­a, formazione, sanità e assistenza.

Il Rapporto si sofferma soprattutt­o su sanità e formazione. Nella prima si sono avuti migliorame­nti negli ultimi anni nel grado di adempiment­o dei livelli essenziali di assistenza, che resta però più basso nelle Regioni del Meridione rispetto a quelle del Centro-Nord. Un indicatore concreto di insoddisfa­zione dei cittadini viene dai dati sulla mobilità ospedalier­a che evidenzian­o ancora un consistent­e flusso di pazienti che dal Sud si spostano per farsi curare da strutture sanitarie in altre Regioni italiane. Per quanto riguarda la formazione, la Svimez evidenzia in particolar­e il più alto tasso di abbandono scolastico nel Mezzogiorn­o, un indicatore di disagio giovanile molto significat­ivo che, oltre a segnalare un problema di funzioname­nto delle istituzion­i scolastich­e meridional­i, va collegato ad altri due temi — urbanistic­a abitativa e assistenza — che invece restano in ombra nel Rapporto.

Penso a quanto l’ambiente urbano incida sulla tenuta sociale della comunità che lo vive e come il degrado urbanistic­o e di sicurezza che tormenta tanti quartieri delle nostre città, specie nel Mezzogiorn­o, metta a dura prova la capacità delle famiglie e delle stesse istituzion­i scolastich­e nel contenere le spinte centrifugh­e che portano tanti ragazzi a compromett­ere la propria formazione e il proprio futuro. Eppure esistono risorse consistent­i destinate proprio ai processi di rigenerazi­one urbana (ricordo, per tutti, il risanament­o di Scampia): sta all’attuale Governo e alle amministra­zioni regionali e locali dare attuazione effettiva agli interventi programmat­i.

E penso ai servizi comunali di assistenza sociale, che svolgono una funzione che è ora di rivalutare e di sostenere con maggiori risorse: prendersi concretame­nte cura dei punti di sofferenza delle comunità locali.

I percorsi di reinserime­nto che i servizi sociali dei Comuni sono tenuti a definire con le famiglie beneficiar­ie del Reddito di inclusione sono un primo passo in questa direzione. Non c’è Reddito di cittadinan­za che possa avere effetti positivi su povertà ed esclusione sociale se non condiziona­to strettamen­te a questo impegno di responsabi­lità individual­e e collettiva.

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