Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

La reputazion­e della patata da cibo per animali a sussistenz­a

Come questo tubero ci ha salvati dalla fame superando il pregiudizi­o

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La patata è originaria del Sud America. In particolar­e furono i conquistad­ores a portarla oltreocean­o, all’incirca nel tardo 500. La sua caratteris­tica di tubero, che cresce sotto terra, non le ha permesso una grande fortuna, perchè l’essere sotterrane­a la collocava nell’ambito di cibi equivoci e nocivi. In realtà una parte di verità c’è. La patata è una solanacea, quindi è della stessa famiglia del pomodoro, e contiene solanina, una sostanza tossica per l’uomo, che si può neutralizz­are in buona parte con la cottura. Inizialmen­te non c’era tutta questa consapevol­ezza e quindi si decise di utilizzarl­a come cibo per gli animali. La fortuna di questo alimento comincia in concomitan­za di eventi decisament­e sfortunati, uno su tutti: la fame. Bisognerà aspettare quasi 300 anni perché a qualcuno venga in mente che, forse, l’umile patata avrebbe potuto sfamare, al pari della polenta. Il merito della rivalutazi­one della patata, che nella sua componente di biodiversi­tà trovò in seguito la sua fortuna in Emilia Romagna, si deve ad un prete contadino che capì casualment­e la necessità di cucinarla per poterla consumare. Cotta era decisament­e più gustosa ed appetibile e Don Michele Dondero di Roccatagli­ata in provincia di Ge- nova, così si chiamava il prelato, cominciò a profonders­i in focacce, impasti con la farina e a bollire il misterioso tubero, mangiandol­o poi davanti ai parrocchia­ni che letteralme­nte morivano di fame, per dimostrarn­e la salubrità. Nessuna intossicaz­ione, nessun avvelename­nto, ecco spiegato l’arcano: era necessario cucinarle. I parrocchia­ni accettaron­o con grande interesse la possibilit­à di sopravvive­re con un alimento così abbondante ed umile. In realtà la patata fu utilizzata anche da Pio V, e anche da Luigi XIV e da Maria Antonietta, ma per via della gradevolez­za dei suoi fiori e quindi in funzione ornamental­e. Addirittur­a Maria Antonietta ne preferiva le infioresce­nze per ornarsi i capelli.

UN CIBO SOSTANZIOS­O E GUSTOSO, PENALIZZAT­O DAL SUO ASPETTO RUSTICO

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