Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
SE IL PRESTITO NON È UNA CURA
La proposta del governatore Michele Emiliano di finanziare con un prestito d’onore gli studenti di Medicina iscritti in Puglia, al primo impatto, sembra una buona idea. La Regione che si fa carico della formazione, aiutando studenti e famiglie, è in linea di principio, una buona notizia. Naturalmente, questa generosità non è gratis, com’è giusto che sia la generosità di chi ha responsabilità di governo, e dunque ha un limite. Lo studente che si laurea e resta a lavorare in regione non dovrà restituire il prestito; lo studente che guarda fuori dall’orizzonte pugliese dovrà restituirlo. Capisco la voglia di non investire su chi porterà fuori le conoscenze qui acquisite (anche con il prestito), capisco meno il dato “punitivo” che la faccenda comporta. Forse ci si sbaglia a valutarla così, però merita un ragionamento.
Il Servizio sanitario è nazionale per modo di dire, dopo che la competenza amministrativa è stata delegata alle Regioni, non sempre con grandi risultati, a dire il vero. In realtà la sanità è chiusa, per le spese, nelle roccaforti regionali, ma gli ammalati, grazie a Dio, si possono scegliere il medico dove credono. Tant’è che esiste un debito del Sud verso il Nord, dovuto proprio alle migrazioni di pazienti. Migrazioni a senso unico, perché efficienza e professionalità spesso si esprimono meglio al Nord, e i bilanci pure.
Se si muovono i malati, perché non dovrebbero potersi muovere i medici? È lecito porsi la domanda perché, se ognuno si tenesse i suoi medici, ci sarebbe un pericolo, diciamo così, di “incesto”. Mancherebbe quello scambio nella ricerca e nella diagnostica che distinguono le eccellenze italiane, ma consentono a tutti di riportarle a casa propria. Per farlo, però bisogna muoversi, emigrare, mescolarsi in Italia e all’estero. Naturalmente, le informazioni oggi arrivano dappertutto, ma altra è la conoscenza riportata, altra la conoscenza maturata sul campo, obbligatoria nella scienza. Pur tuttavia, il prestito “condizionato” può avere un suo merito. Studio, mi laureo, mi specializzo, vado in America e guadagno abbastanza da restituire il prestito.
Rimarrebbe il paradosso un po’ buffo che un giorno, mentre il mondo si globalizza sempre di più e noi sventoliamo orgogliosi le bandiere dei nostri ragazzi che si fanno onore all’estero, ci trovassimo di fronte a medici “pugliesi”, “napoletani” o “milanesi”. È questo che vogliamo?