Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Scommesse illegali on line, decapitati i clan baresi
Duro colpo ai clan baresi. Parisi pronto a consegnarsi, i contatti di Martiradonna con i servizi segreti
C’è anche Tommy Parisi, il figlio cantante del boss Savinuccio, tra i destinatari del provvedimento in carcere nell’ambito di una indagine su giro di scommesse on line illegali gestite dalla mafia. In carcere altre 21 persone, tra cui il pregiudicato Vito Martiradonna e i suoi tre figli.
«Una mafia d’affari». È così che gli investigatori hanno definito il patto di ferro tra i clan mafiosi Parisi e Capriati per gestire un vorticoso giro di gioco d’azzardo e scommesse illegali on line che in quattro anni, dal 2012 al 2016, avrebbe fruttato circa 20 milioni di euro. L’alleanza tra le cosche baresi si è ulteriormente irrobustita grazie al successivo legame sancito con la ndrangheta calabrese e la mafia siciliana.
Sessantotto persone sono state arrestate ieri grazie alle inchieste delle procure di Bari, Reggio Calabria e Catania. Ventidue (sette in carcere e 15 ai domiciliari) sono i nomi eccellenti della criminalità pugliese: in carcere sono finiti il cantante neomelodico Tommy Parisi, figlio del boss del quartiere Japigia, Savinuccio, latitante fino a ieri pomeriggio perché fuori per lavoro. «Rientrerà nelle prossime ore per costituirsi», ha confermato il suo avvocato Nicola Lerario. È accusato di trasferimento fraudolento di valori con l’aggravante mafiosa. Il figlio del boss (negli ultimi tempi si era trasferito a Napoli per svolgere la sua attività di cantante) è attualmente imputato per associazione mafiosa in un’altra inchiesta della Procura di Bari su estorsioni ai cantieri edili della città e, secondo l’accusa, avrebbe intestato le società a insospettabili con lo scopo di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali. È titolare insieme ad altri familiari di una delle agenzie di scommesse coinvolte nell’imponente giro del gioco d’azzardo online.
In manette sono finiti ancora il pluripregiudicato Vito Martiradonna e i suoi tre figli Francesco, Mariano e Michele, decine di affiliati al clan, imprenditori e prestanome. Agli indagati si contestano, a vario titolo, i reati di associazione mafiosa, riciclaggio e autoriciclaggio, truffa e reati tributari, raccolta abusiva di scommesse, trasferimento fraudolento di valori e intestazione fittizia di beni. Complessivamente sono stati sequestrati beni per 200 milioni di euro in Italia e all’estero.
Secondo l’accusa, gli affiliati alle cosche baresi avrebbero investito i guadagni dell’attività illegale delle scommesse clandestine (per eventi sportivi e non) in attività apparentemente legali, tra cui bar e ristoranti di Bari, intestati a prestanome. Le organizzazioni mafiose hanno ricostruito gli inquirenti - si sarebbero spartite il mercato delle scommesse clandestine on line attraverso diverse piattaforme gestite dalle stesse organizzazioni. Il denaro accumulato illegalmente veniva poi reinvestito in patrimoni immobiliari e posizioni finanziarie all’estero intestati a persone, fondazioni e società insospettabili ma compiacenti. Per rintracciare i beni accumulati è stata fondamentale la collaborazione di Eurojust e delle autorità giudiziarie di Austria, Svizzera, Regno Unito, Isola di Man, Paesi Bassi, Curacao, Serbia, Albania, Spagna e Malta.
«È un’indagine che, per la prima volta, - evidenza la Guardia di finanza che ha portato avanti l’attività d’indagine – certifica la radicale evoluzione in chiave economica finanziaria di quelli che sono, sul piano strategico, i nuovi ambiziosi obiettivi della criminalità organizzata barese che entra in maniera prepotente e spregiudicata nei settori di avanguardia del mercato economico globale».
I due gruppi criminali – secondo la Dda – avrebbero costituito una «multinazionale delle scommesse» movimentando oltre un miliardo di euro da Malta a Curacao, passando per le isole Vergini e le Seychelles mantenendo «il suo cuore pulsante e il suo centro di potere all’interno di un contesto familiare direttamente riconducibile ai Martiradonna». A gestire infatti le fila di questa grande organizzazione è «senza dubbio» Vito Martiradonna, già condannato per associazione mafiosa insieme al boss Tonino Capriati (condannato all’ergastolo) nel processo Borgo Antico: in quella sentenza Martiradonna fu definito il cassiere del clan perché dotato di «mente raffinata». Il salto di qualità lo ha reso oggi bookmaker grazie «al decisivo contributo» della nuova generazione di famiglia. Sarebbero stati inoltre accertati rapporti di Martiradonna «con la polizia giudiziaria e i Servizi segreti per ottenere informazioni sulle indagini».
La Dda ha accertato il passaggio del clan Parisi e Capriati «da un modello tradizionale di mafia militare a quello più evoluto di mafia degli affari ed ha assunto stabilmente una sua specifica identità imprenditoriale e cerca nuovi adepti nelle migliori università». È questa la nuova mafia, la cui regia «è sempre riconducibile ai clan Capriati e Parisi: è la mafia del clic e la mafia del punto.com».
«Gli indici non tirano più i grilletti delle armi - concludono gli inquirenti - ma cliccano sulle tastiere dei personal computer e sugli smartphone per gestire in rete il gioco d’azzardo e per movimentare il denaro».
Eccellenti Sono i nomi delle persone finite in carcere per un giro di 20 milioni di euro