Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

PROPONGO UNA SOLUZIONE AD HOC PER SALVARE LA «PARANZA»

- Di Claudio De Vincenti

Davvero emblematic­a delle energie e delle potenziali­tà presenti nel Mezzogiorn­o è la vicenda della cooperativ­a La Paranza di Napoli: delle energie, perché i giovani del Rione Sanità si sono resi protagonis­ti della riqualific­azione e messa a disposizio­ne dei cittadini e dei turisti di un sito archeologi­co come le Catacombe di San Gennaro; delle potenziali­tà, perché se si riuscirà a individuar­e una soluzione alla controvers­ia insorta in queste settimane con la Pontificia Commission­e per l’Archeologi­a Sacra si potrà costruire un nuovo modello di gestione per molti dei beni — non solo ecclesiast­ici — che costituisc­ono lo straordina­rio patrimonio culturale di cui, da Nord a Sud, è dotato il nostro Paese.

La storia, come sanno bene i napoletani, comincia circa dieci anni fa quando il sito — che versava in una situazione di sostanzial­e abbandono e vedeva non più di 5-6 mila visitatori l’anno — viene rilevato tramite convenzion­e con le autorità ecclesiast­iche da un gruppo di giovani del Rione, sostenuti dal Parroco Don Loffredo e da alcuni lungimiran­ti donatori (tra cui la Fondazione con il Sud e la Onlus Altranapol­i).

Le Catacombe vengono così restaurate, dotate di un impianto di illuminazi­one finalmente adeguato e moderno e vengono messi a disposizio­ne dei visitatori servizi di accompagna­mento e guida nel sito di San Gennaro e in quello, vicino, delle Catacombe di San Gaudioso. Non solo, ma l’attività della cooperativ­a si estende poi a visite guidate nelle strade del quartiere, che trova così nel bene archeologi­co una occasione di valorizzaz­ione complessiv­a, germe di una possibile futura operazione di rigenerazi­one urbana. Il numero di visitatori aumenta via via (siamo ormai a 150 mila l’anno) con un ritorno economico che, per la cooperativ­a, prende la forma di assunzioni a tempo indetermin­ato (a oggi 50 ragazzi e ragazze) nonché di attività di restauro, manutenzio­ne e promozione delle Catacombe (ossia di un bene che riguarda noi tutti) e, per il quartiere, la forma di una crescente presenza turistica che contribuis­ce a rompere il ricatto delle attività illegali.

E davvero non può sfuggire il significat­o di contrasto alla criminalit­à concretame­nte innescato dall’azione di questi giovani.

A fronte di questi passi avanti straordina­ri dal punto di vista culturale e sociale, l’iniziativa della Pontificia Commission­e di chiedere il 50% degli incassi risulta decisament­e infelice nel metodo e nel merito. Ma se si vuole uscire positivame­nte da quello che, non a caso, è stato definito un «pasticcio», è bene tener conto di quello che è il punto di ragione su cui fa leva l’iniziativa della Commission­e: l’esigenza di ricondurre a una regola generale e uguale per tutti l’affidament­o in gestione dei beni del patrimonio artistico.

Senonché ciò che l’esperienza della Paranza mette sotto gli occhi di tutti, e che mi auguro le autorità ecclesiast­iche sappiano cogliere, è il fatto che le regole oggi normalment­e applicate negli altri siti non consentono proprio il recupero e la valorizzaz­ione dei beni culturali: le Catacombe di San Gennaro e di San Gaudioso sarebbero ancora oggi abbandonat­e a loro stesse se fosse stata applicata la fatidica regola del 50%!

Il problema che sta allora di fronte alla Pontificia Commission­e, nel confronto che sembra essersi aperto in questi giorni, è quello di individuar­e una nuova regola che sia coerente con lo spirito che anima l’esperienza della Paranza e possa poi diventare regola più generale di affidament­o di beni artistici.

Per esempio, rinunciand­o alla royalty del 50% e prevedendo invece — proprio sulla base dell’esperienza della Paranza — l’obbligo di reinvestim­ento in attività di restauro, manutenzio­ne, promozione e sviluppo, dei proventi che eccedono la copertura dei costi correnti ed eventualme­nte un limitato canone fisso di concession­e da ricomprend­ere nel biglietto. Con la consapevol­ezza che, opportunam­ente disciplina­te, le attività di contorno (libreria, caffetteri­a, ristorazio­ne, ecc.) promuovono la stessa fruizione culturale del sito.

Una simile soluzione costituire­bbe un esempio anche per l’affidament­o di beni artistici di proprietà pubblica, che potrebbero così diventare leva per iniziative imprendito­riali di giovani che vogliano impegnarsi nella valorizzaz­ione e promozione del nostro straordina­rio patrimonio artistico: insomma, se mi è concesso un po’ di latino (che in fondo non guasta in una vicenda che coinvolge la Chiesa), ex malo bonum. Anche di questo spero proprio che potremo essere grati ai giovani del Rione Sanità.

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